Negli Stati Uniti sono sempre più i giovani under 35 che decidono di abbandonare le città per andare nelle campagne a lavorare la terra. Una tendenza, nonostante le dimensioni tutto sommato contenute, che sta contribuendo in maniera determinante al successo di chi promuove slow food e cibo locale oltreoceano.
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Secondo un censimento realizzato dal dipartimento dell’Agricoltura tre anni fa, il numero degli agricoltori di età compresa tra i 25 e i 34 anni è cresciuto del 2,2 per cento tra il 2007 e il 2012. In alcuni stati come California, Nebraska e South Dakota le cifre sono arrivate addirittura sopra il 20 per cento.
La maggior parte di questi giovani, come dimostrato da un sondaggio del National Young Farmers Coalition, non provengono da famiglie contadine. Il 69 per cento di loro ha un diploma universitario.
Un vero e proprio movimento che sta “svecchiando” il settore dei piccoli e medi proprietari agricoli statunitensi in crisi da decenni: sempre secondo dati diffusi dal dipartimento dell’Agricoltura, tra il 1992 e il 2012 più di 250mila attività commerciali di questo tipo hanno chiuso i battenti negli Usa. Una fetta di mercato totalmente inglobata dai grandi latifondisti o dalle multinazionali, cresciuti in maniera esponenziale nello stesso periodo.
Questa nuova generazione di agricoltori crede nel rispetto dell’ambiente e nella sostenibilità da ottenere limitando l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, diversificando i raccolti e imponendo un modello di agricoltura civica in grado di dare una spinta significativa a un mercato di nicchia ma in costante crescita negli ultimi anni.
La maggior parte di loro lavora in piccole proprietà terriere o consorzi agricoli. Oltre a vendere i prodotti ad alcune grandi catene statunitensi che investono nel settore del locale come Walmart e SuperValu, in molti hanno dato vita a veri e propri hub collettivi dove immagazzinare e processare le scorte da distribuire, a prezzi assai competitivi, a negozi e ristoranti.
Secondo gli esperti, il fenomeno sta dando un’enorme spinta al business dei prodotti biologici e a chilometro zero. “Ricevo molte chiamate da grandi imprenditori del settore agricolo che mi chiedono quando terminerà questa moda del cibo locale e sano. Quando succede mi diverto a rispondergli di guardare con quanta passione lavorano questi giovani. Salite a bordo o lasciate perdere”, ha detto al “Washington Post” Eve Turow Paul, consulente per alcune tra le maggiori società internazionali del settore alimentare.
Shoshanah Inwood, sociologa rurale della Ohio State University, crede che questa nuova generazione di agricoltori acculturati e provenienti dalle grandi città possa dare nuovo impulso alle imprese di piccole e medie dimensioni, in grado non solo di creare posti di lavoro, ma anche di rispondere in maniera efficace alle sfide del rispetto dell’ambiente e del cambiamento climatico.
“Le fattorie a guida familiare sono in costante diminuzione, mentre quelle giganti continuano a crescere”, ha spiegato Inwood. “Per fare in modo che le comunità rurali rinascano, abbiamo bisogno di un settore di mezzo”.
Liz Whitehurst, proprietaria della fattoria Owl’s Nest in un minuscolo comune nello stato del Maryland chiamato Upper Marlboro, ha spiegato così la decisione di lasciare il caos cittadino di Washington D.C. per immergersi nella quiete delle campagne del nord-est statunitense: “Il mio desiderio consisteva nel riuscire ad avere un impatto positivo con il mio lavoro; qualcosa che non avrei mai ottenuto restando a lavorare nelle aree nelle quali mi ero inserita dopo aver finito il college. Nel settore agricolo, d’altro canto, puoi davvero lasciare il segno. Il tuo impatto è immediato”.
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