Negli Stati Uniti, il governatore della Florida Ron DeSantis ha firmato oggi un disegno di legge che vieta ai minori di 14 anni l’accesso alle piattaforme di social media e impone il consenso dei genitori per i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni.
La norma, pensata per tutelare la salute psico-fisica dei più giovani, impone alle piattaforme di social media di avvalersi di un sistema di verifica di terze parti per escludere gli utenti al di sotto dei 14 anni, i cui profili dovranno essere chiusi, e di accertare il consenso dei genitori per i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni.
Le aziende poi dovranno eliminare in maniera permanente tutte le le informazioni personali raccolte dagli account chiusi. Il ddl consente anche ai genitori di intentare azioni legali contro chiunque non ottempera a tali disposizioni.
Le legge comunque non nomina alcuna piattaforma specifica ma si limita a colpire i social network che promuovono lo “scorrimento infinito dei contenuti”, metriche di reazione come i “Mi piace”, presentano video in riproduzione automatica e dispongono di dirette streaming e notifiche push. Esenti i siti-web e le applicazioni di posta elettronica e messaggistica che prevedono lo scambio di contenuti tra mittenti e destinatari specifici.
Non è la prima volta che in Florida si tenta una mossa del genere, anzi. Il disegno di legge firmato oggi dal governatore DeSantis è forse più moderato rispetto alle proposte precedenti. A febbraio, l’assemblea legislativa dello stato a maggioranza repubblicana aveva approvato un ddl che vietava del tutto l’accesso ai social ai minori di 16 anni.
Ma all’inizio di marzo il governatore, anch’egli repubblicano, ha posto il veto alla norma, affermando che avrebbe limitato i diritti dei genitori di consentire ai figli di usare i social network.
La nuova legge, che entrerà in vigore il 1 luglio, prevede infatti proprio questa possibilità. “I social media danneggiano i minori in vari modi”, ha dichiarato DeSantis nella nota in cui ha annunciato la firma del ddl, che “offre ai genitori maggiore capacità di proteggere i propri figli”.
Secondo i sostenitori della proposta, la norma arginerà gli effetti dannosi sul benessere dei minori che utilizzano le piattaforme (il 95% degli americani tra i 13 e i 17 anni), contenendo il rischio che i più giovani sviluppino ansia, depressione e altri disagi mentali a causa della prolungata esposizione ai social media.
L’anno scorso fu proprio il Surgeon General degli Stati Uniti, la più alta autorità federale della sanità pubblica americana, a lanciare l’allarme definendo le piattaforme “rischiose per la salute mentale di bambini e adolescenti” e lanciando un appello per “un’azione urgente da parte di politici, aziende tecnologiche, ricercatori, famiglie e giovani per raggiungere una migliore comprensione del pieno impatto dell’uso dei social media, massimizzare i benefici e ridurre al minimo i danni delle piattaforme di social media e creare ambienti online più sicuri e più sani per proteggere i bambini”.
I contrari invece affermano che il disegno di legge voluto da DeSantis viola il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che tutela la libertà di parola. Inoltre, secondo i detrattori della nuova norma, tocca ai genitori e non al governo decidere sulla presenza o meno online dei propri figli, a prescindere dall’età.
Tra i più feroci critici, neanche a dirlo, c’è Meta, società madre di Instagram e Facebook, che si è opposta alla nuova legislazione, affermando che una norma simile non solo limiterebbe la discrezionalità dei genitori in materia di accesso dei figli ai social ma solleverebbe anche una serie di problemi relativi alla privacy dei dati personali che gli utenti dovrebbero fornire per verificarne l’età. Secondo Menlo Park, è sufficiente la legislazione federale che impone l’approvazione dei genitori per il download delle app da parte dei minori.
Altri stati Usa però hanno promosso politiche simili. Nel marzo dello scorso anno, lo Utah è diventato il primo stato americano ad adottare leggi che regolano l’accesso dei minori ai social, seguito poi da Arkansas, Louisiana, Ohio e Texas.