Un plebiscito di sì: così sono state accolte le diverse proposte di legge sui temi della legalizzazione e depenalizzazione delle sostanze stupefacenti negli Stati Uniti. I referendum si sono svolti in concomitanza con le elezioni presidenziali. In Oregon oltre il 60% degli elettori ha scelto di depenalizzare il possesso di tutte le droghe, comprese eroina e cocaina. Una proposta che prevede anche l’attivazione di processi di educazione e strategie di riduzione del danno, con l’accompagnamento della persona dipendente a terapie sostitutive.
Si tratta di un approccio considerato “best option”, in cui le politiche pubbliche vengono attivate con lo scopo di circoscrivere e regolamentare un fenomeno preesistente, per limitarlo e possibilmente invertire il trend. Un approccio adottato ad esempio in Portogallo, dove oggi il tasso di consumo di droghe tra giovani (16-25) è tra i più bassi in Europa: 0.2% (Eurobarometro) e dove i contagi da HIV associato a consumo di droghe sono diminuiti del 18% (Eutostat).
Torna alla memoria il percorso fatto su questi temi dal nostro paese: dal referendum promosso dai Radicali nel 1993, che aveva abrogato le pene per la detenzione ad uso personale di tutte le droghe, fino alla legge Fini-Giovanardi, successivamente considerata incostituzionale. Tornando a quanto avvenuto in Oregon, con oltre il 56% sono state legalizzate anche le terapie a base di psilocibina, sostanza presente in alcuni funghi allucinogeni, considerata utile per la riabilitazione da alcune condizioni patologiche, come depressione e alcolismo.
Tra gli oltre 120 referendum che si sono svolti in concomitanza con le elezioni presidenziali, c’è quello che ha sancito la legalizzazione dell’uso ricreativo della cannabis in Arizona (dove era già legale la cannabis terapeutica), New Jersey, Montana e South Dakota. In Mississippi, stato storicamente conservatore, la proposta di legalizzare la cannabis terapeutica è passata con oltre il 75% dei voti. A Washington D.C. è stato depenalizzato il commercio, la coltivazione e l’uso di funghi e di piante come l’ayahuasca, note per avere effetti allucinogeni.
Chi lotta contro la legalizzazione negli Stati Uniti
Come raccontato in una precedente inchiesta su TPI, sono diverse le forze che si oppongono alla legalizzazione della cannabis negli Usa. Questo tipo di proposta vede la contrarietà non solo di frange del Partito Repubblicano, ma anche di una parte di mondo industriale, composto in particolare da società del settore farmaceutico e di superalcolici, i cui prodotti possono essere considerati rivali con la cannabis (in particolare prodotti antinfiammatori, calmanti, e superalcolici a scopo ricreativo).
Gli effetti della legalizzazione
Ad oggi tutti gli stati degli Stati Uniti hanno votato leggi che decriminalizzano o legalizzano il possesso, l’uso e consumo della cannabis terapeutica o ad uso ricreativo, dopo lunghi anni di battaglie tra antiproibizionisti e comunità scientifica. Tra le conseguenze della legalizzazione sono state evidenziate maggiori entrate per gli Stati (oltre un miliardo di dollari, ad esempio, in Colorado), maggiore efficienza nella risoluzione di casi giudiziari, diminuzione di crimini violenti, come rapine o omicidi.
Le reazioni in Italia
I risultati dei referendum sulle proposte di legalizzazione delle sostanze stupefacenti negli Usa sono stati accolti con favore da parte del mondo antiproibizionista, in una fase in cui lo scontro si è accentuato, specialmente dopo il decreto poi ritirato del Ministro Speranza, che prevedeva l’obbligo di ricetta per i composti a base di CBD.
Marco Perduca, coordinatore della campagna “Legalizziamo” per l’Associazione Luca Coscioni ha commentato a TPI: “I voti contro la ‘guerra alla droga’ segnalano la volontà di riformare un sistema proibizionista che ha dimostrato di produrre danni in termini di diritti umani e gestione della giustizia. Da quattro anni giace alla Camera, inascoltata, una proposta di legge per la regolamentazione della cannabis In Italia. Se questo Paese ha problemi con una pianta, è tempo di provare a risolverli”.