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    Usa 2020: povero Bloomberg, i soldi non fanno la felicità

    Bloomberg Credits: Ansa

    Dopo il flop del Super Tuesday il milionario si ritira e appoggia l'ex vicepresidente Joe Biden

    Di Massimo Romano
    Pubblicato il 5 Mar. 2020 alle 14:50

     

    Usa 2020 Bloomberg, i soldi non fanno la felicità

    I soldi non fanno la felicità. O almeno non sempre. È una lezione che Michael Bloomberg ha imparato a sue spese. Spese molto care: 570 milioni di dollari. Il Super Tuesday è stato un vero fallimento e la “strategia” di comunicazione, se così si può chiamare, del miliardario è diventata la barzelletta del giorno, con tanto di battute su Twitter dello stesso Presidente americano Trump. Ma andiamo con ordine.

    Le Primarie USA 2020. La corsa per decidere lo sfidante Democratico di Trump inizia. Bloomberg, ex Sindaco di New York, decide di salire sulla giostra con un solo obiettivo: annientare Donald Trump. Il miliardario ha 77 anni ed è ricchissimo: un patrimonio stimato intorno ai 61 miliardi di dollari (ops, ora poco più di 60).

    I presupposti. Ci sono tutti. L’età non rappresenta un problema. Tra i suoi avversari più temibili, Joe Biden è suo coetaneo, Bernie Sanders ha un anno in più ed Elizabeth Warren, la più giovane del gruppo, ha 70 anni. A livello politico, Sanders conquista fiducia e voti, ma l’America non sembra ancora pronta ad un socialista realmente di sinistra. Biden perde clamorosamente i primi scontri elettorali, è protagonista di numerose gaffe e risente ancora dello scandalo del Kievgate. E si sente la mancanza di un candidato moderato forte. Gli altri non entrano mai in gara e Bloomberg ha la possibilità di fare la differenza conquistando, da una parte, i voti dei moderati delusi, dall’altra, quelli degli indecisi. Quelli che sono a casa, davanti alla televisione, in attesa di essere convinti.

    La scelta. A differenza dei suoi avversari, Bloomberg salta le prime quattro tappe delle primarie – Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina – e decide di concentrare i suoi sforzi sui 14 Stati al voto durante il cosiddetto Super Tuesday. La sua idea è semplice: essere onnipresente investendo milioni di euro in spot televisivi e radiofonici. È convinto, in questo modo, di raggiungere un target di elettori specifico: anziani e moderati più sensibili alle strategie pubblicitarie. Non solo. Farsi vedere e ascoltare in più stati contemporaneamente attraverso una comunicazione costante e massiccia, potrebbe attecchire negli Stati dove gli altri candidati non hanno ancora fatto comizi.

    La follia dei numeri. La campagna si gioca solamente sulla forza dei numeri. E dei soldi. 570 milioni di dollari buttati. 10 milioni il costo dello spot mandato in onda durante il Super Bowl. Tutti soldi personali. Per la Federal Election Commission, fino al 31 gennaio aveva versato al suo comitato elettorale 464 milioni. I dati di tracciamento delle spese pubblicitarie raccolti da Kantar Media ci dicono che, a metà febbraio, Bloomberg aveva speso 254 milioni in spot televisivi e radiofonici e 47 milioni su Facebook e Google. Su Facebook, nelle prime sei settimane del 2020, i suoi spot compaiono 1,6 miliardi di volte nei newsfeed degli utenti sulle 2,4 miliardi totali di tutti i candidati. Si tratta del 69 per cento dello spazio elettorale gestito e dominato sui social. Con questi numeri, potrebbe stravincere, ma diventa il più costoso messaggio senza contenuto di tutte queste primarie.

    Gli in-influencer. Bloomberg inizia a collaborare con varie aziende che gestiscono influenti account di Instagram per produrre contenuti diretti ad un elettorato più giovane. Il New York Times fa il nome di Meme2020, una nuova società che mette insieme i più grandi creatori di meme del web. Dietro al progetto “Meme 2020” ci sarebbe Mick Purzycki, amministratore delegato di Jerry Media, società di marketing di cui fa parte anche @FuckJerry che, con i suoi 14.9 milioni follower è uno dei più seguiti creator di Instagram. Appaiono post sponsorizzati sugli account di @TankSinatra (2.3 milioni di follower), @WhitePeopleHumor (4.3 milioni), @Kalesalad (3.5 milioni).

    E poi i “micro-influencer”, quelli da circa 100mila follower. Bloomberg si affida ad un’altra agenzia, Tribe, che sollecita piccoli influencer alla creazione di contenuti per cifre pari a 150 dollari a post. Una vera e propria armata, ancora una volta senza contenuti. I messaggi dei micro-influencer sono tutti dello stesso tenore e usano come sola leva per far votare Bloomberg il fatto che sia “il candidato più eleggibile nella confusione delle primarie”, “Colui che può lavorare anche con i Repubblicani e far sentire gli americani rispettati e ascoltati”. Debole e decisamente poco incisivo. E i Meme. Sì, i meme funzionano. Ma vanno usati con una strategia efficace che consolidi un’immagine forte e autorevole. L’esatto contrario di quello che avviene nella campagna dell’ex Sindaco di New York.

    L’epilogo. Mercoledì, un giorno dopo il Super Tuesday, Bloomberg sospende la sua campagna elettorale. Lascia la corsa per la nomination democratica ritirandosi dalle primarie. Sui social scrive: “Tre mesi fa sono entrato nella corsa per sconfiggere Donald Trump. Oggi me ne vado per la stessa ragione. Per sconfiggere Trump bisogna unirsi dietro il candidato con le migliori possibilità. È chiaro che si tratta del mio amico e grande americano Joe Biden”. Uno dei fallimenti più costosi della storia delle elezioni americane, e mondiali. Il tentativo di spostare il centro del potere dalla Fifth Avenue a Lexington Avenue non va a buon fine. L’imprenditore che ha fatto carriera attraverso i media e con i media è stato tradito dal suo stesso mezzo.

    La non-strategia. L’idea c’è. E potrebbe anche funzionare. Purtroppo, qui parliamo solo di “mezzo”, la televisione, e di “strumento”, il messaggio pubblicitario. Manca, purtroppo, una reale strategia. Niente contenuti, né quelle battaglie elettorali tanto care agli elettori che spostano i voti. Come l’idea di rivoluzione culturale e sociale di Obama, il “make the America great again” di Trump con il muro col Messico e il muslim ban. O, per citare messaggi che conosciamo da vicino, il milione di posti di lavoro promesso da Berlusconi, i porti chiusi di Salvini, la rottamazione di Renzi.

    Non c’è neanche un’analisi reale del target di riferimento, che gli permetterebbe di concentrare investimenti, risorse e messaggi chiave in maniera oculata e premiante. In Virginia, per esempio, spende 18 milioni di dollari in spot elettorali in tv e in radio. Il comitato di Biden, circa 50 volte di meno. Risultato? Biden ottiene il 53,2 per cento dei voti, contro il 9,6 di Bloomberg.

    Marshall McLuhan sosteneva che il mezzo che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell’informazione di volta in volta veicolata. Da qui la sua celebre tesi secondo cui “il medium è il messaggio”. Ci voleva Michael Bloomberg per stravolgere un concetto che i nostri giovani studiano ancora all’università e capire che senza contenuti e una vera strategia, i media restano contenitori vuoti. Povero Bloomberg, si fa per dire…

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