La presidente del Brasile Dilma Rousseff, sospesa a maggio dalla carica dopo il voto delle due camere, lunedì 29 agosto è arrivata in Senato per difendersi dalle accuse di aver manipolato illecitamente i conti pubblici dello stato alla base della procedura di impeachment e, dai banchi del Congresso, è passata al contrattacco.
La leader del Partito dei lavoratori ha detto che nel suo processo di impeachment c’è in gioco il futuro del Brasile e ha accusato i suoi oppositori politici e i grandi poteri finanziari di voler con la sua destituzione mettere fine a 13 anni di riforme sociali.
Rousseff nega l’accusa di aver manipolato i conti pubblici per ottenere finanziamenti illeciti alle elezioni del 2014 e ha denunciato il processo di impeachment come una manovra che ha paralizzato per nove mesi il paese con l’unico obiettivo di togliere dal potere un leader democraticamente eletto. Una trama, sostiene, Rousseff, ordita per proteggere gli interessi delle classi privilegiate.
“Stiamo assistendo a una seria violazione delle norme costituzionali e a un vero e proprio colpo di stato”, ha detto.
Rousseff ha messo in guardia i brasiliani da “un governo usurpatore” che ridurrà al minimo la spesa sociale e disperderà i risultati ottenuti negli ultimi dieci anni nella lotta alla povertà.
Centinaia di sostenitori hanno accolto Dilma al suo arrivo davanti al Congresso cantando in coro “Dilma, guerriera della nazione brasiliana”.
La sua popolarità tuttavia è crollata a causa di una grave crisi economica e di una serie di scandali di corruzione che hanno coinvolto la compagnia petrolifera statale Petrobras, in cui sono rimasti coinvolti numerosi membri del partito di governo.
L’incarico di presidente ad interim è stato affidato al suo vice Michel Temer. Se il Senato tra martedì e mercoledì incriminerà Roussef, sarà lui ad assumere la guida del Brasile fino allo scadere del mandato nel 2018. Temer confida di ottenere i due terzi dei voti necessari per deporre Rousseff dalla carica.