La Commissione europea ha chiesto ai paesi membri dell’area Schengen di rimuovere i controlli alle frontiere interne il più rapidamente possibile, almeno entro il mese di novembre 2016, per salvare dal collasso l’esistenza della zona di libera circolazione delle persone.
Muri, recinzioni e controlli alle frontiere sono stati ripristinati come risposta al più grande afflusso di profughi dalla fine della seconda guerra mondiale. Otto paesi dei 26 della zona Schengen, a partire dal mese settembre 2015 hanno reinstallato infatti i controlli alle frontiere.
Questi controlli “hanno messo in discussione il corretto funzionamento dello spazio Schengen di libera circolazione”, secondo quanto c’è scritto nella bozza pubblicata in anteprima dal quotidiano britannico The Guardian e che sarà diffusa venerdì 4 marzo “È giunto il momento per gli Stati membri di collaborare nell’interesse comune per salvaguardare una delle massime conquiste europee”.
La zona di libera circolazione, che si estende dall’Islanda alla Grecia, è stata sottoposta ad una pressione senza precedenti. Il suo collasso potrebbe mandare in frantumi decenni di integrazione europea.
L’esecutivo Ue ribadisce inoltre la propria intenzione di rivedere le regole che disciplinano le domande di asilo. Secondo le norme vigenti, noto come il sistema di Dublino, i richiedenti asilo devono presentare la loro richiesta nel primo paese in cui mettono piede.
A metà marzo, la Commissione stabilirà un elenco di opzioni per la riforma della politica di asilo dell’Ue. L’idea favorita è un sistema permanente di ricollocazione, nel quale i rifugiati vengano ripartiti tra i paesi membri, a seconda delle dimensioni e della ricchezza dello stato.