Un processo tutto da rifare quello di Georgina Challen, la donna di 65 anni condannata in prima istanza nel 2011 a 22 anni di carcere per aver ucciso a martellate in testa il marito.
Una sentenza storica ha riconosciuto che la donna aveva subito un “controllo coercitivo” per tutti i 31 anni di matrimonio: così facendo l’uomo aveva danneggiato profondamente la salute mentale dalla moglie.
Il nuovo giudice, a differenza del primo, ha deciso di tener conto di questa situazione, per cui la donna potrebbe presto tornare in libertà.
La sentenza, pronunciata il 28 febbraio 2019, è stata accolta con gioia dai due figli di Challen, che sono sempre stati dalla parte della madre durante tutto il processo.
Il controllo del marito – Secondo la giudice che ha messo in dubbio la colpevolezza di Challen, la donna aveva vissuto i 31 anni di matrimonio con il marito Richard sotto il totale controllo dell’uomo.
Il marito infatti aveva costretto la moglie a recidere ogni rapporto con parenti e amici e l’aveva manipolata riuscendo a farle persino credere di essere pazza.
A ciò si sono aggiunti tradimenti e inganni, tanto da portare più volte la donna sull’orlo del suicidio. L’uomo in un’occasione era addirittura arrivato a stuprare la moglie per “punirla”.
Gli anni di repressione e controllo ossessivo avevano avuto un’effetto negativo sulla salute mentale della donna, che aveva sviluppato un disordine bipolare.
Nella prima istanza del processo contro Challen il giudice non aveva però tenuto conto della salute mentale della donna, attenuante presa invece in considerazione nell’ultima sentenza.
A ciò va aggiunta anche una legge approvata nel 2015, quattro anni dopo la prima sentenza, che ha riconosciuto il “controllo coercitivo” come una forma di abuso domestico.
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