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    Turchia, stuprata e gettata dal 20esimo piano. La difesa degli aguzzini: “Non era illibata”

    I due responsabili sono stati condannati all'ergastolo con l'accusa di omicidio premeditato, stupro e sequestro di persona

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 12 Dic. 2019 alle 07:47 Aggiornato il 12 Dic. 2019 alle 07:48

    Turchia, stuprata e gettata dal 20esimo piano, gli aguzzini: “Non era illibata”

    In Turchia, una 23enne è stata stuprata e poi gettata dal 20esimo piano, gli aguzzini si sono difesi affermando che la ragazza “non era illibata”.

    L’orrendo caso risale al 29 maggio del 2018, ma è tornato alla ribalta della cronaca dopo la condanna all’ergastolo dei due stupratori.

    Sule Cet, studentessa 23enne all’università di Ankara, è stata trovata morta ai piedi di un lussuoso grattacielo della capitale turca.

    La polizia archiviò subito la vicenda come suicidio, nonostante la dinamica fosse alquanto strana e la ragazza presentasse sin da subito i segni evidenti della violenza subita.

    Dopo le pressioni della famiglia, il caso viene riaperto e la verità emerge.

    Si scopre, così, che la sera in cui è morta, Sule ha ricevuto un sms dal suo datore di lavoro, l’imprenditore 40enne Çağatay Aksu, in cui l’uomo invitata la ragazza a raggiungerlo per un drink.

    La giovane, dunque, si reca nel grattacielo dove si trova anche un amico di Aksu, Berk Akand.

    Prima di morire, Sue invia un messaggio a un’amica in cui scrive: “È ossessionato da me, non mi lascia andare via. Vorrei non essere mai venuta”. Poi, poco dopo, la giovane si è schiantata al suolo.

    L’autopsia rivela che Sule è stata violentata più volte e che poi è stata gettata dal 20esimo piano del palazzo.

    Çağatay Aksu e Berk Akand, dunque, vengono arrestati con l’accusa di omicidio premeditato, stupro e sequestro di persona. Durante il processo, i due hanno provato a giustificare l’orrendo crimine affermando che la giovane “non era illibata” e “assumeva alcolici”.

    Dichiarazioni a dir poco deliranti, che, però, non sono bastate a evitare l’ergastolo ai due.

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