Turchia e Stati Uniti stanno cercando di appianare le tensioni scoppiate dopo l’arresto da parte delle autorità turche, il 4 ottobre scorso, di un dipendente del consolato statunitense a Istanbul.
Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come
La reazione di Washington all’arresto è stata dura, con la sospensione di richieste di visti di breve durata da parte della Turchia. Tra questi vi sono quelli per affari, studio e turismo. Esclusi invece quelli legati all’immigrazione.
In risposta alla decisione di Washington, Ankara ha ordinato a tutte le sue sedi consolari sparse negli Stati Uniti il blocco dell’emissione di permessi di soggiorno temporanei per non immigrati.
Le misure adottate rischiano di far precipitare nel caos i voli che uniscono i due paesi. In base a quanto diffuso dal The New York Times, però, non ci sarebbero state ancora conseguenze rilevanti sul traffico di passeggeri.
Le cause delle tensioni
Il cittadino turco arrestato, chiamato Metin Topuz, è accusato di essere una spia e di avere legami con Fethullah Gülen, il leader turco in esilio volontario negli Stati Uniti accusato da Erdogan di essere la mente dietro il fallito golpe del 15 luglio 2016.
Inoltre l’uomo sarebbe in contatto con Zekeriya Oz, il superprocuratore attualmente latitante accusato di aver manipolato l’inchiesta sulle tangenti di quattro anni fa per colpire Erdogan.
Secondo John Bass, ambasciatore statunitense ad Ankara, l’arresto di Topuz sarebbe “privo di qualsiasi fondamento”. Bass ha aggiunto: “L’arresto ha sollevato dubbi riguardo le reali intenzioni di alcuni funzionari, interessati a colpire i buoni rapporti tra i nostri due paesi”.
Il ministro Gul, commentando la vicenda ai microfoni del canale televisivo A Haber, ha detto che “processare un cittadino turco per un crimine commesso in Turchia” rientra pienamente nei diritti di Ankara.
Le tensioni tra i due paesi, oltre ad aver portato causato una “guerra dei visti”, hanno portato al crollo della lira turca, che ha registrato una perdita di più del 4 per cento sul dollaro negli ultimi giorni.
Nonostante i tentativi di distensione avanzati dal ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, che ha chiesto di revocare la sospensione dei visti in quanto causa di “tensioni non necessarie”, e dallo stesso Recep Tayyip Erdogan, che nel corso di una conferenza stampa a Kiev ha lanciato segnali concilianti a Washington, un altro caso simile a quello di Topuz potrebbe allontanare ulteriormente una possibile soluzione.
Lunedì 9 ottobre, infatti, un altro dipendente del consolato statunitense a Istanbul è stato convocato dalla procura per essere sottoposto a un interrogatorio. La moglie e un figlio dell’uomo, identificato solo con le iniziali N.M.C., sono stati presi in custodia nella città turca di Amasya.
La crisi tra Turchia e Stati Uniti non dipende esclusivamente da questi recenti avvenimenti.
Vi sono diverse questioni aperte su entrambi i fronti: la decisione di Erdogan di incontrare i leader di Iran e Venezuela, due paesi iscritti nella blacklist di Washington, ha mosso più di qualche critica negli ambienti vicini alla casa Bianca, così come anche il riavvicinamento di Ankara a Mosca.
Da parte sua, la Turchia è critica nei confronti del sostegno americano ai curdi in Siria e della volontà di Washington di non rispondere alle richieste di estradizione per Fethullah Gülen, residente in Pennsylvania dal 1999.
Meno di un mese fa, il presidente statunitense Donald Trump aveva definito i rapporti tra i due paesi “amichevoli come non mai”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it