La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato oggi la Turchia per non aver applicato una sentenza del dicembre 2019 che chiedeva il “rilascio immediato” del filantropo e attivista Osman Kavala, che sta scontando l’ergastolo in un carcere di massima sicurezza vicino Istanbul.
“Esortiamo la Turchia, in quanto parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a prendere tutte le misure necessarie per attuare la sentenza”, si legge nel verdetto. La Corte ha inoltre stabilito che Ankara dovrà versare un risarcimento di 7.500 euro all’editore per non aver posto fine alla sua detenzione.
La decisione del tribunale avvicina ulteriormente la sospensione di Ankara dal Consiglio d’Europa, i cui rappresentanti avevano chiesto a febbraio alla Cedu di intervenire visto il mancato rispetto del verdetto di due anni e mezzo fa. Per tutta risposta, il ministero degli Esteri turco ha ribadito che la sentenza di oggi “ha messo ancora una volta in discussione la credibilità del sistema europeo dei diritti umani”.
Osman Kavala è in carcere dal 2017. Dopo quasi cinque anni di reclusione senza alcuna condanna, il 25 aprile scorso gli è stato comminato l’ergastolo per eversione nell’ambito del processo per le proteste avvenute nel Gezi Park di Istanbul nel 2013, un’accusa costata 18 anni di reclusione ad altri sette imputati.
L’attivista è accusato di aver fomentato le manifestazioni, quando tentò una mediazione tra i dimostranti e la polizia, e poi di aver partecipato al tentato golpe militare del 2016, orchestrato secondo Ankara da un’organizzazione islamista di cui non ha mai fatto parte. Nel 2020, il 64enne fu assolto dall’accusa di aver finanziato le proteste del 2013 e poi nuovamente arrestato con quella di spionaggio. Nuovamente assolto, fu arrestato per eversione. Il tutto senza mai lasciare la prigione.
Il fondatore della Anadolu Kültur, un’associazione che mira a costruire ponti tra i vari gruppi etnici e religiosi turchi sostenendo iniziative a favore della diversità culturale, è stato definito dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan “l’uomo di Soros in Turchia” nonché “il coordinatore” delle proteste anti-governative del 2013, che da Gezi Park si allargarono a tutto il Paese.