Jet dell’aviazione turca nella notte di giovedì 24 marzo hanno bombardato postazioni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) nel sudest del paese e nel nord dell’Iraq.
Almeno 24 miliziani curdi sono morti nell’attacco alle città di Nusaybin, Sirnak e Yuksekova vicino al confine con l’Iraq.
Le operazioni, confermate dall’esercito turco, sono una rappresaglia per l’attacco compiuto con un’auto carica di esplosivi giovedì notte dai combattenti del Pkk a una base militare turca.
Il complesso, vicino la città di Diyarbakir nel sudest del paese, ha subito gravi danni. Tre soldati di Ankara sono morti e 24 sono rimasti feriti.
L’attacco è stato rivendicato dal Pkk, che ha fornito numeri assai più pesanti: nel comunicato si parla di 28 soldati uccisi e 32 feriti.
Le autorità turche hanno imposto un coprifuoco nella provincia di Diyarbakir e questo lascia intendere che nelle prossime ore proseguiranno le operazioni contro i miliziani del Pkk.
Secondo i dati diffusi dall’esercito turco, da quando sono ripresi gli scontri dopo l’interruzione del cessate il fuoco due anni e mezzo fa, sono morti più di mille miliziani curdi e oltre trecento soldati turchi.
L’opposizione pro-curda sostiene che da dicembre sono stati uccisi dai bombardamenti di Ankara anche centinaia di civili.
Un’impennata delle violenze che ricorda le stragi degli anni Novanta. Negli ultimi mesi militanti curdi e gruppi estremisti collegati al Pkk hanno compiuto diversi attentati in Turchia.
A febbraio un’autobomba è esplosa nel centro di Ankara provocando la morte di almeno 29 persone. A marzo nella capitale turca altre 37 persone hanno perso la vita in un attentato a una fermata dell’ autobus.
Il conflitto è costato la vita a più di 40mila persone da quando il Pkk, considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione europea, ha iniziato l’insurrezione per ottenere l’indipendenza da Ankara.
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