L’aviazione militare turca ha attaccato alcune postazioni dell’Isis in Siria e diverse basi dei miliziani del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) nel nord dell’Iraq.
L’offensiva segna una svolta importante nella politica estera turca: si tratta della prima volta in assoluto che la Turchia interviene contro l’Isis al di fuori dei suoi confini ed è il primo attacco negli ultimi quattro anni contro il Pkk.
Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che un totale di 590 combattenti dell’Isis e del Pkk sono stati arrestati.
Il governo turco ha deciso di lanciare un’offensiva contro i due gruppi in seguito all’attentato di Suruç, in cui un turco affiliato all’Isis ha compiuto un attacco suicida che ha causato 32 vittime, e l’uccisione di due poliziotti da parte del Pkk.
L’attentato di Suruç
La mattina del 20 luglio a Suruç, città al confine con la Siria, un turco di 20 anni – che secondo gli investigatori aveva legami con l’Isis – si è fatto esplodere a un raduno di giovani attivisti della Federazione delle associazioni giovanili socialiste turche. Gli attivisti si trovavano nel centro culturale Amara e stavano preparando la partenza per Kobane, la città siriana che aveva subito un lungo assedio da parte dell’Isis ed era stata riconquistata dai curdi nel gennaio del 2015. I giovani volevano aiutare la popolazione locale a ricostruire alcuni edifici, tra cui la biblioteca.
Due giorni dopo, la mattina del 22 luglio, due poliziotti turchi sono stati uccisi a Ceylanpinar, nel sudest della Turchia, al confine con la Siria. Il Pkk ha rivendicato l’attacco, dichiarando che si trattava di una ritorsione in seguito alla strage di Suruç, e ha accusato i poliziotti di aver collaborato con l’Isis.
Il 25 luglio l’Isis inoltre ha fatto esplodere due camion, in due diversi villaggi nei pressi della città siriana di Tel Abyad, controllata da milizie curde, causando diverse vittime.
Gli attacchi contro il Pkk
Il Pkk, fondato nel 1974 da Abdullah Öcalan, è un partito fuorilegge turco che rivendica maggiori diritti per la minoranza curda e l’indipendenza dalla Turchia. Sin dalla sua fondazione, ci sono stati violenti scontri con il governo centrale. Negli ultimi 30 anni, nel conflitto sono morte oltre 40mila persone.
Nel 2013 Öcalan aveva dichiarato la fine della lotta armata ed erano state avviate delle trattative con il governo turco, ma il 25 luglio gli attacchi contro il Pkk hanno interrotto la tregua e potrebbero mettere a rischio il fragile processo di pace. I raid aerei hanno colpito bunker, rifugi e magazzini del Pkk nelle montagne di Qandil, nel Kurdistan iracheno, dove si trova la base dei comandanti del Pkk.
A poche ore dai bombardamenti, alcuni militanti del Pkk hanno rapito 15 lavoratori di una centrale elettrica vicino al confine turco-siriano, secondo quanto riporta l’agenzia giornalistica curda Dogan.
Secondo quanto riferisce l’agenzia giornalistica Reuters, il Pkk ha dichiarato: “La tregua non ha più alcun significato dopo gli intensi attacchi aerei da parte dell’esercito turco che occupa il nostro territorio”.
Gli attacchi contro l’Isis
La notte del 24 e del 25 luglio l’aviazione turca ha colpito diverse postazioni dell’Isis in Siria. Il 23 luglio la Turchia ha inoltre accettato di cooperare con gli Stati Uniti nella lotta contro il gruppo estremista, concedendo all’aviazione americana l’utilizzo della base militare di Incirlik.
La base si trova in posizione strategica, non lontana da Raqqa, la roccaforte dell’Isis in Siria, ed era stata usata dagli Stati Uniti anche nel 1990 e nel 2003, per lanciare attacchi contro l’Iraq. Fu usata come base anche nel 2001, all’inizio della guerra in Afghanistan, e secondo Wikileaks fu utilizzata per deportare prigionieri dall’Iraq e portarli nel carcere di massima sicurezza di Guantanamo.
Il cambio di strategia
Secondo Mark Lowen, corrispondente della Bbc dalla Turchia, il cambio di strategia è il risultato di mesi di negoziazioni tra il governo turco e quello statunitense, e l’attentato di Suruç ha solo fatto accelerare l’intervento.
Un aspetto problematico, secondo Lowen, è l’attacco contro il Pkk: la coalizione guidata dagli Stati Uniti si sta infatti appoggiando alle forze curde per combattere contro l’Isis in Siria. Inoltre i bombardamenti potrebbero riaccendere le tensioni tra il governo turco e i curdi nel Paese.
Una delle ragioni dietro gli attacchi è la perdita di consensi del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che alle scorse elezioni il 7 giugno 2015 ha perso la maggioranza assoluta in parlamento. Rispondendo in modo più deciso contro la minaccia dell’Isis e del Pkk potrebbe tuttavia fargli riguadagnare voti, soprattutto all’interno dell’elettorato conservatore e nazionalista.
La scorsa settimana in Turchia ci sono state numerose manifestazioni anti-governative. Il presidente Erdoğan è accusato non solo di non aver fatto abbastanza per respingere le minacce dell’Isis, ma anche di aver supportato il gruppo estremista islamico negli attacchi contro i curdi in Siria.
Secondo alcuni media turchi inoltre una parte dell’accordo tra Turchia e Stati Uniti riguarderebbe la creazione di una no-fly zone, un’area di circa 90 chilometri nel nord della Siria in cui non possono volare aerei militari. Secondo i curdi, la no fly-zone serve alla Turchia per indebolire le milizie curde e non per difendersi dall’Isis. Il generale americano John Allen ha tuttavia negato che si sia arrivati a un accordo su questo punto.
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