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    La “pessima” telefonata tra Trump e Turnbull mette a rischio lo “stupido” accordo sui rifugiati

    Per il presidente Usa il colloquio con il premier australiano è il peggiore in assoluto con un leader straniero

    Di TPI
    Pubblicato il 2 Feb. 2017 alle 10:44 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:02

    Una telefonata tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il premier australiano Malcolm Turnbull ha messo in discussione l’accordo sul reinsediamento dei rifugiati siglato con la precedente amministrazione Obama. 

    Il Washington Post ha riferito che Trump ha definito la conversazione “la peggiore in assoluto” con un leader straniero. 

    “Riuscite a crederci? L’amministrazione Obama ha accettato di prendere migliaia di immigrati illegali dall’Australia. Perché? Studierò questo stupido accordo!”, ha scritto su Twitter. L’amministrazione Obama aveva accettato di accogliere 1.250 richiedenti asilo in Australia e reinsediarli negli Stati Uniti.

    L’Australia ha rifiutato di accettarli e li tiene in centri di detenzione nelle isole del Pacifico di Nauru e Papua Nuova Guinea.

    Turnbull aveva chiesto chiarimenti sul futuro dell’accordo dopo che Trump ha firmato un ordine esecutivo che blocca temporaneamente l’ingresso negli Stati Uniti dei richiedenti asilo e dei cittadini provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana. 

    La telefonata tra Trump e Turnbull è avvenuta lo scorso weekend, ed è stata una delle quattro telefonate con leader stranieri del presidente degli Stati Uniti, tra cui quella del presidente russo Vladimir Putin. 

    La conversazione con il premier australiano sarebbe dovuta durare un’ora, ma è stata bruscamente interrotta dopo 25 minuti di Trump. 

    Trump ha detto che accettare i rifugiati, molti dei quali provengono da Iran, Iraq e Siria, sarebbe come se gli Stati Uniti accettassero “i prossimi bombardieri di Boston”, che provenivano dal Caucaso. 

    Lunedì 30 gennaio Turnbull ha detto di aver parlato con Trump e lo ha ringraziato per aver accettato di sostenere l’accordo. Ma il tweet di Trump di mercoledì 1 febbraio ha gettato dubbi sull’accordo.

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