La decisione di Trump di ritirarsi dal trattato sui missili nucleari apre le porte al caos (anche in Europa e Italia)
Il 2 agosto finisce un’era: gli Stati Uniti di Trump sono fuori dal trattato Inf (Intermediate Range Nuclear Forces Treaty) siglato tra Russia e Usa l’ 8 dicembre del 1987. Fu uno degli accordi chiave che pose fine alla Guerra Fredda: i due capi di Stato di Usa e Urss, Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, acconsentirono alla dismissione in tre anni degli euromissili installati sul proprio territorio: missili nucleari a raggio intermedio.
Lo scorso 2 febbraio il segretario di stato americano Michael R. Pompeo ha comunicato il ritiro degli USA dal trattato. In base al trattato dopo l’annuncio del ritiro di una delle parti coinvolte, l’Inf resta comunque in vigore per sei mesi. Un tempo che doveva servire a trovare una mediazione. Ma il compromesso non è stato trovato e il 2 agosto 2019 era il termine ultimo per fare un passo indietro. D’ora in poi Russia e Stati Uniti potranno testare e acquisire missili balistici e cruise con base a terra di gittata fra 500 e 5,5mila chilometri.
Nel corso di un trentennio l’Inf ha permesso la rimozione di 2692 testate americane e sovietiche. Entrambi i paesi hanno continuato a possedere bombe nucleari ma il rischio di una guerra “a medio raggio” sembrava scongiurato.
Ad essere sollevata era anche l’Europa. Un’attacco alla Russia da parte degli Stati Uniti a breve distanza non poteva scattare con un lancio diretto da Washington a Mosca. Il missile doveva partire da una base più vicina possibile alla Russia. L’Europa diventava un buon punto di partenza per possibili attacchi. L’Italia accoglie dal dopoguerra numerose installazioni militari americane e un conflitto nucleare avrebbe inevitabilmente coinvolta. Un escalation del conflitto tra Usa e Stati Uniti ci avrebbe reso non solo un “trampolino di lancio” di operazioni militari statunitensi ma anche un potenziale “bersaglio militare” della Russia.
L’escalation della tensione tra Russia e Stati Uniti
Il primo annuncio della fine del trattato era arrivato da parte del consigliere per la sicurezza nazionale americana John Bolton a fine ottobre dello scorso anno. Il 1 febbraio 2019 la Casa Bianca aveva denunciato la violazione del trattato da parte della Russia, colpevole di aver testato un missile SSC-8 o 9M729. Se Mosca non avesse accettato entro 60 giorni di bloccare il test, gli USA annunciavano la volontà di uscire dal trattato.
La Russia da parte sua durante l’incontro con la Nato del 25 gennaio scorso si è difesa dichiarando che il missile testato aveva una gittata di 480 chilometri, e che non rientrava quindi nell’accordo Inf relativo ai missili con gittata sopra i 500 chilometri. L’accusa della Russia nei confronti degli Stati uniti era invece di aver installato da anni in Europa dei sistemi antimissilebalistico SM-3/Mk-41 adeguati anche al lancio dei missili cruise proibiti dal trattato.
La posizione della Nato
Il 1 febbraio il Consiglio della Nato ha annunciato il suo supporto al ritiro statunitense dal trattato. Oggi, 2 agosto, dopo l’annuncio ufficiale del ritiro degli Stati Uniti la Nato ha dichiarato in una nota: “La Russia continua a violare il Trattato Inf, nonostante anni di impegno degli Stati Uniti e degli Alleati, compresa l’ultima opportunità di sei mesi per onorare i suoi obblighi derivanti dal Trattato. Ne consegue la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dal Trattato che entra in vigore adesso, una decisione pienamente supportata dagli alleati della Nato. La Russia ha la sola responsabilità della fine del Trattato”.
Il ministro degli Esteri russo ha invece respinto l’accusa al mittente incolpando gli Stati Uniti: “Washington ha commesso un grave errore: lanciando una campagna di propaganda, che si basava su una deliberata disinformazione sulle presunte violazioni della Russia riguardo il trattato Inf, gli Stati Uniti hanno deliberatamente creato una crisi quasi insormontabile attorno al trattato stesso. Il motivo è chiaro: negli Stati Uniti volevano sbarazzarsi delle restrizioni in esso stabilite”.
Più cauta la Commissione europea che oggi richiama alla pacificazione: “L’Ue riafferma il suo impegno per un disarmo ed un controllo efficace delle armi nucleari basato sui trattati. Per questo incoraggiamo a preservare i risultati del Trattato Inf. Date le inasprite tensioni, dobbiamo stare attenti a non imboccare la strada di una nuova corsa agli armamenti che ridurrebbe i risultati significativi raggiunti dopo la fine della Guerra fredda”.
Le conseguenze della fine del trattato
Secondo molti osservatori l’uscita dal trattato potrebbe provocare una corsa agli armamenti di entrambe le potenze. Senza l’Inf Russia e Stati Uniti potrebbero aumentare la produzione dei missili armabili con testate convenzionali e nucleari.
Michael Birman del Washington Post scrive il sostegno della Nato agli Stati Uniti “nella difesa dell’Europa contro la Russia” porterà “a rafforzare le truppe schierate sul territorio europeo e questo significa incrementare le esercitazioni che hanno luogo in tutto l’Est europa”. Esercitazioni che d’ora in poi potrebbero includere anche i test di missili a raggio intermedio armabili nuclearmente.
Ma non è tutto. La cancellazione dell’Inf potrebbe favorire anche l’indebolimento di altri importanti trattati sul nucleare. Ishaan Tahroor del Washington Post in un articolo del 2 agosto ricorda come il consigliere John Bolton “abbia di recente affermato di voler mettere fine all’era dell’accordo New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), un trattato che scade nel 2021 e che limita il numero di armi nucleari che Stati uniti e Russia possono detenere”. In questo modo “Trump apre le porte al caos”, afferma il giornalista.
John Bolton è uno dei falchi dell’amministrazione Trump, ma è in realtà in politica da decenni ed è stato uno dei più forti sostenitori della guerra degli Usa contro l’Iraq.
L’accordo New Start firmato a Praga l’8 aprile 2010 dal presidente americano Obama e dal presidente russo Medvedev è l’ultimo patto sul nucleare esistente tra le due potenze. Riguarda i sistemi nucleari “strategici” e i missili a lungo raggio. Il suo rinnovo dovrebbe arrivare nel 2021. Se dovesse venire meno, sparirebbe anche uno degli ultimi argini all’implementazione degli arsenali nucleari.