Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump, ha messo in dubbio la necessità di intervenire in caso di attacco ad uno degli stati della Nato e quindi, di fatto, la stessa permanenza americana nell’alleanza militare.
Infatti, l’articolo 5 del patto Nato prevede che l’attacco diretto di un paese terzo contro uno degli stati alleati deve essere considerato come un attacco all’insieme dei membri firmatari del trattato nord atlantico, che sono tenuti a intervenire in difesa del paese attaccato.
Durante la convention repubblicana di Cleveland che ha ufficializzato la sua candidatura alla Casa Bianca, Trump ha risposto a un giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe fatto in caso di aggressione della Russia nei confronti di uno degli stati baltici.
Il magnate americano ha rilasciato una dichiarazione esplosiva, affermando che deciderebbe cosa fare solo una volta verificato che le nazioni sotto attacco “abbiano rispettato tutti i loro doveri nei nostri confronti”.
Trump ha poi aggiunto che spingerebbe gli alleati a farsi carico dei costi di cui gli Stati Uniti si sono fatti carico per decenni, insistendo anche per una riorganizzazione dell’alleanza: “vorrei continuare a far parte della Nato, ma solo se gli altri membri smettono di approfittarsi della generosità dell’America”.
Il candidato repubblicano ha incentrato la sua campagna elettorale sul motto “America first” (prima l’America), evidenziando a più riprese la sua tendenza isolazionista nelle relazioni internazionali.
Le sue posizioni in politica estera hanno scatenato le critiche di chi lo vede troppo incline a non andare contro gli interessi del presidente russo Vladimir Putin.
In un periodo in cui le tensioni tra i paesi europei e Mosca sono in costante aumento, una tale trasformazione epocale della politica americana è vissuta come un incubo, in particolare dai governi e dalle popolazioni dell’Europa orientale.