Venerdì 6 luglio 2018 sono entrati in vigore i dazi sulla merci cinesi decisi dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Le misure prevedono tariffe del 25 per cento su diversi prodotti importati dal paese asiatico, per un valore complessivo di 34 miliardi di dollari.
Ma da Washington sono in arrivo nelle prossime settimane nuovi dazi contro la Cina che potrebbero toccare complessivamente i 500 miliardi di dollari.
Trump ha spiegato che a questa cifra si potrebbe arrivare nel caso in cui Pechino dovesse reagire al provvedimento americano.
Il governo cinese ha puntualmente replicato con tariffe di rappresaglia sui prodotti made in Usa.
Il piano statunitense è stato definito dal ministero del Commercio cinese l’inizio della “più grande guerra commerciale della storia economica”.
“Prima 34 miliardi, e poi ne avrete altri 16 in due settimane e poi, come sapete, abbiamo 200 miliardi in sospeso e poi dopo i 200 miliardi ne abbiamo altri 300. Ok? Quindi abbiamo 50 più 200 più quasi 300”, ha dichiarato Trump a bordo dell’Air Force One, in viaggio verso il Montana.
I dazi per 34 miliardi, annunciati nelle scorse settimane, sono in vigore dalle ore 12 del 6 luglio ora locale di Pechino (le 6 del mattino in Italia).
Le misure colpiscono macchinari, apparecchiature elettroniche e hi-tech, compresi computer, hard-disc e Led, ma anche il settore automobilistico.
L’amministrazione doganale cinese, da parte sua, ha lanciato misure protezionistiche su oltre 800 prodotti americani, che provengono soprattutto dai settori agro-alimentari e automobilistico, per un valore complessivo di 34 miliardi di dollari, lo stesso valore, per ora, delle merci cinesi colpite dai dazi Usa.
La contromisura è attiva da mezzogiorno di oggi, venerdì 6 luglio, lo stesso orario in cui sono entrati i vigore i dazi Usa.
Il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha definito “un comportamento miope” la mossa degli Stati che “va contro le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e il sistema multilaterale del commercio”.
Avviare una guerra commerciale “non è mai una soluzione” e la Cina “non ne innescherà mai una”, ha sottolineato il primo ministro cinese, Li Keqiang.
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