Sono passati pochi giorni dalla morte di George Floyd a Minneapolis ma le proteste vanno avanti. I manifestanti hanno ottenuto un primo risultato: l’arresto del poliziotto Derek Chauvin, accusato di aver provocato la morte per soffocamento per aver tenuto per 9 minuti il ginocchio sul collo dell’afroamericano a faccia a terra e disarmato. Eppure non basta. Ora la lotta è contro il razzismo sistemico. Da Minneapolis alla Casa Bianca, il movimento “Black Lives Matter” bussa alla porta della residenza del presidente degli Stati Uniti d’America.
Venerdì notte, mentre infuriavano le proteste fuori dalla Casa Bianca, gli agenti dei servizi segreti hanno portato il presidente Donald Trump in un bunker della Casa Bianca progettato per l’uso in situazioni di emergenza come gli attacchi terroristici. La notizia, riportata inizialmente dal New York Times, è stata confermata alla Cnn da una fonte della sicurezza e da un funzionario della Casa Bianca. Il presidente Trump è rimasto nel bunker per meno di un’ora. Insieme a lui, hanno detto alla Cnn, anche la first lady Melania Trump e il figlio Barron. Sabato Trump aveva ringraziato su Twitter i servizi segreti per il lavoro alla Casa Bianca durante le proteste.
Nella notte tafferugli e scontri tra i rivoltosi e il Secret service sono andati avanti per ore, con vetrine distrutte e cassonetti incendiati. A Lafayette Park di Washington, a pochi passi dalla residenza presidenziale, la folla ha acceso diversi grandi incendi. Polizia e militari hanno risposto con gas lacrimogeni, spray al pepe e granate stordenti. Le fiamme – subito estinte – hanno attinto anche l’ingresso della chiesa di St. John, nota come la chiesa dei presidenti perché frequentata da capi di Stato, Trump compreso.
Stando alle ultime informazioni fornite da Fox News oltre 50 agenti dei servizi segreti americani sono rimasti feriti negli scontri, che si sono verificati durante le manifestazioni vicino alla Casa Bianca. Mentre sarebbero circa 4 mila le persone arrestate negli Stati Uniti dall’inizio delle proteste per la morte di George Floyd. I primi arresti risalgono a martedì scorso, il giorno dopo la morte del cittadino afroamericano, soffocato durante l’arresto a Minneapolis. Rafforzato il cordone intorno alla residenza del presidente, blindata: a presidiare c’è anche la Guardia Nazionale.
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