“Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici nel Regno Unito e il Papa, saremo felici di farlo”.
Lo annuncia sui suoi profili social il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, intervenendo sul caso di Charlie Gard, il bambino britannico di 10 mesi affetto da una rara e incurabile malattia genetica che l’equipe medica britannica ha valutato in fase terminale.
If we can help little #CharlieGard, as per our friends in the U.K. and the Pope, we would be delighted to do so.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 3 luglio 2017
Il quadro clinico del bambino si è aggravato a fine 2016 con il sopraggiungere di un’encefalopatia per cui qualunque intervento medico è stato valutato come inutile e doloroso per il bene del bambino, contrariamente alla volontà dei genitori del bambino che intendevano tentare la strada di una nuova terapia sperimentale da provare negli Stati Uniti. Scontro che si è trasferito poi tra i banchi di giustizia.
Il 28 giugno 2017, dopo tre diversi livelli di giudizio, la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo ha stabilito che i tribunali britannici hanno il diritto di autorizzare la sospensione delle cure. I macchinari che tengono in vita il neonato dovevano essere staccati il 30 giugno. L’ospedale londinese ha però rimandato di qualche giorno tale procedura, concedendo ai genitori di trascorrere qualche momento in più con il bambino.
L’intervento del presidente Trump riapre il dibattito sulla vicenda e sull’opportunità di non staccare i macchinari che tengono in vita Charlie. La sua offerta di aiuto arriva dopo quella dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma che si è detto “pronto ad accoglierlo”.
“Ho chiesto al direttore sanitario di verificare con il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato il neonato, se vi siano le condizioni sanitarie per un eventuale trasferimento di Charlie presso il nostro ospedale”, ha detto la presidente del Bambin Gesù Mariella Enoc. “Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci. Siamo disponibili ad accogliere il loro bambino presso di noi, per il tempo che gli resterà da vivere”.
Sulla vicenda di Charlie si era espressa anche il primo ministro britannico Theresa May attraverso il suo portavoce, che aveva così dichiarato: ““uesto è un caso molto delicato, piuttosto che dire cosa penso, preferisco essere con lui e con la sua famiglia con il pensiero”.