Dopo la ratifica di 50 Paesi, e cioè del numero minimo richiesto, entra in vigore il trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Il documento era stato adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017 ed è il primo accordo legalmente vincolante che vieta lo sviluppo, i test, la produzione, l’immagazzinamento, il trasferimento, l’uso e la minaccia delle armi nucleari.
La ratifica
Alcuni tra gli Stati che lo avevano già rettificato sono: Nigeria, Malesia, Irlanda, Malta e Tuvalu. Thailandia, Messico, Sud Africa, Bangladesh, Nuova Zelanda, Vietnam e Vaticano. Tra 90 giorni, all’inizio del 2021, verrà quindi ratificato il divieto categorico delle armi nucleari, oltre a quelle batteriologiche e chimiche. Il trattato richiede che tutti i paesi che lo ratificano “mai in nessuna circostanza sviluppino, testino, producano, fabbrichino e altrimenti acquisiscano, possiedano o accumulino armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari”. Vieta inoltre qualsiasi trasferimento o uso di armi nucleari o ordigni esplosivi nucleari – e la minaccia di utilizzare tali armi – e richiede alle parti di promuovere il trattato in altri paesi.
L’Italia non firma il Trattato (come le grandi potenze nucleari)
Purtroppo, anche se il trattato ha un enorme significato storico e simbolico, la strada è ancora lunga. Ci sono oltre 14.000 bombe nucleari nel mondo, migliaia delle quali sono pronte per essere lanciate in un istante e la potenza di molte di quelle testate è decine di volte maggiore delle armi sganciate su Nagasaki e Hiroshima. Nessuna grande potenza nucleare ha firmato il trattato: Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia al momento si tengono strette le loro armi.
Inoltre, solo 6 dei 49 stati europei hanno approvato e ratificato il trattato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino Liechtenstein e lo Stato del Vaticano. L’Italia non ha firmato né ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, pur essendo uno dei cinque stati europei che ospitano testate nucleari statunitensi nell’ambito di accordi Nato presso le basi aeree di Aviano e di Ghedi.
Le bombe nucleari Usa in Italia
In particolare, sul nostro territorio sono presenti le bombe nucleari B-61: 50 bombe si troverebbero nella base aerea dell’aeronautica militare italiana del Comune di Aviano, in Friuli-Venezia Giulia, dove è presente anche l’aviazione statunitense. Altre 40 bombe si troverebbero nella base aerea dell’aviazione italiana a Ghedi, vicino Brescia.
In totale ci sarebbero nelle due basi 90 ordigni. Secondo quanto riportato nello studio di Kristensen, le bombe B61 hanno una capacità esplosiva minima di 0,3 kilotoni, mentre il loro massimo varia dai 45 kilotoni della B61-4 a ai 170 kilotoni della B61-3. Quella sganciata su Hiroshima era di 16 kilotoni. La Stampa dette notizia del lavoro di Kristensen in un articolo del 2007.
Il nucleare mai così pericoloso
Il Trattato arriva un momento in cui il fantasma del pericolo nucleare è più reale che mai. A dirlo è l'”orologio dell’apocalisse”, uno strumento messo appunto da un gruppo di scienziati del Bulletin of the atomic scientists dell’Università di Chicago per indicare l’urgenza del rischio nucleare. La mezzanotte simboleggia la fine del mondo e dopo 24 spostamenti dal 1947, oggi siamo a 100 secondi dalla mezzanotte. Per darvi un’idea, durante la Guerra Fredda mancavano sette minuti alla mezzanotte. L’apocalisse non è mai stata così vicina e la firma da parte dell’Italia del Trattato sarebbe stata un segnale importante per il processo di pace.
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