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    La storia dietro l’immagine dell’uomo che si lanciò da una delle Torri Gemelle

    La foto fu scattata da un fotoreporter dell'Associated Press e divenne la testimonianza diretta della scelta estrema di un uomo, in cerca di salvezza

    Di TPI
    Pubblicato il 11 Set. 2019 alle 10:50 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 23:38

    È sicuramente l’immagine simbolo di quell’undici settembre 2001, quando gli Stati Uniti vennero colpiti al cuore con l’attacco alle Torri Gemelle di New York. falling man

    Un momento altamente drammatico e nel contempo divenuto il frammento che testimonia una tragedia di proporzioni umane, punto di svolta e di cambiamento radicale nella storia del Ventunesimo secolo. 

    La foto fu scattata da Richard Drew – fotoreporter dell’agenzia di stampa AP – alle 9 e 41 e quindici secondi di martedì 11 settembre. Quella mattina, Drew venne spedito al Bryant Park di Manhattan, una cinquantina di isolati a nord del World Trade Center per fotografare una sfilata di moda premaman. 

    Nei dintorni c’era anche una troupe della Cnn e un cameraman, il quale ricevette la comunicazione che un aereo si era schiantato contro una delle Torri Gemelle. falling man

    Qualche minuto dopo, anche l’agenzia rintracciò Drew allertandolo di recarsi sul posto della segnalazione. Una volta uscito dalla metropolitana alla fermata di Chambers Street, si trovò dinanzi una scena apocalittica: le torri gemelle avvolte nel fumo ed entrambe sventrate dall’impatto con gli aerei. falling man

    Il fotoreporter iniziò a scattare con la sua macchina professionale. Intorno a lui, la gente fuggiva in preda al panico e le persone intrappolate all’interno delle due torri urlavano e chiedevano aiuto. falling man

    In quel momento, alzando gli occhi al cielo Drew venne colpito da quell’immagine di cui la sua macchina fu poi testimone indelebile: un uomo cadeva nel vuoto a testa in giù. Le sue braccia allineate al corpo e una gamba compostamente piegata, come in una sorta di tuffo.

    Una foto quella scattata da Drew destinata a passare alla storia. Il giorno successivo l’immagine di “Falling Man“, come venne soprannominato l’uomo, campeggiava su tutti i giornali americani e non. 

    L’uomo che si lanciava nel vuoto non avrebbe mai più avuto un nome né tanto meno un volto, ma era destinato a diventare il simbolo dell’individualità sullo sfondo di quei due grattacieli che si sgretolavano. Non sapremo mai perché optò per quel gesto estremo – probabilmente consapevole che la sua fine sarebbe stata comunque imminente. 

    Negli anni ci si è domandati chi fosse e cosa facesse quell’uomo nella vita. Molti ipotizzarono fosse un dipendente del ristorante all’interno dell’ala nord di una delle Torri, il Windows on the World. Ma il vero potere di “Falling Man” non è più racchiuso nel suo volto o nella sua identità, ma in ciò che è diventato nella memoria collettiva: un soldato sconosciuto in una guerra altrettanto sconosciuta e incerta, destinato a rimanere sospeso per sempre nella storia. 

    11 settembre 2001, l’attacco alle Torri Gemelle: un riassunto

    Alle 8:46 di mattina dell’11 settembre del 2001, un forte boato sconvolse Manhattan, l’isola che rappresenta la zona centrale della città americana di New York. Gli sguardi dei passanti si concentrarono presto sulla torre nord del World Trade Center – le cosiddette torri gemelle – nella quale si stava sviluppando un incendio.

    Dopo gli iniziali interrogativi su cosa fosse avvenuto, alle 9:03 minuti un aereo si schiantò sulla torre sud del World Trade Center. Se in quel quarto d’ora c’erano stati dei dubbi, divenne a quel punto evidente che si trattava di un attacco terroristico.

    “Presidente, l’America è sotto attacco,” sussurrò Andrew Card, membro dello staff del Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, mentre quest’ultimo era impegnato in un incontro in una scuola.

    Tutti gli Stati Uniti entrarono in stato d’allerta. Aerei militari si alzarono in volo a difendere gli spazi aerei di New York e Washington.

    I due velivoli schiantatisi sulle Torri Gemelle non erano stati gli unici ad essere stati dirottati.

    Alle 9:27, infatti, un terzo aereo si schiantò contro il pianterreno del Pentagono, l’edificio che ospita il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, a Washington D.C.. Anche un quarto volo fu dirottato e finì per schiantarsi al suolo in Pennsylvania, dopo quella che parve essere una rivolta dei passeggeri, informati di quanto stava avvenendo quel giorno.

    Gli attacchi causarono la morte di quasi 3mila persone e il crollo di entrambe le torri del World Trade Center: si trattò quindi del più grande attentato terroristico mai avvenuto prima d’ora.

    In poco tempo i media e le autorità individuarono in Osama Bin Laden e in al-Qaeda, l’organizzazione terroristica da lui guidata, i responsabili dell’attentato.

    In seguito a questo fatto, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, lanciò la guerra al terrorismo per sconfiggere la minaccia che aveva colpito l’11 settembre l’America, con l’obbiettivo di fermare Osama Bin Laden e la costituzione di nuove organizzazioni di stampo terroristico.

    Fu così che nell’ottobre del 2001 gli Stati Uniti diedero inizio alla guerra in Afghanistan, Paese controllato dal gruppo estremista islamico dei taliban e che proteggeva Osama Bin Laden. Entro la fine del 2001, il governo talebano venne rovesciato, ma i guerriglieri, fedeli ai loro ideali, continuarono, e continuano tuttora, una forte attività bellica per cui la guerra in Afghanistan ancora oggi non può essere considerata conclusa.

    Osama Bin Laden si rifugiò in Pakistan, presso le zone tribali del nord del Paese, e fu proprio lì che nel 2011 venne ucciso da un’azione dei Navy Seals, un corpo scelto dell’esercito statunitense. (“Gli hanno fatto il lavaggio del cervello”: la madre di bin Laden parla per la prima volta 17 anni dopo l’11 settembre).

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