Il complesso carcerario di Tora è considerato uno dei peggiori d’Egitto, ed è situato nell’omonima città (nota anche come Tura) a sud del Cairo. L’istituto comprende quattro prigioni, un ospedale militare e un carcere di massima sicurezza noto come Scorpion. Da diverse organizzazioni umanitarie, giornalisti e attivisti, Tora, e precisamente l’ala Scorpion, è considerata una tomba. È lì che vengono imprigionati attivisti, giornalisti, intellettuali, oppositori del regime egiziano.
È qui che giovedì 5 marzo è stato trasferito Patrick Zaky, lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato al Cairo lo scorso 8 febbraio.Nella prigione di Tora lavorano gli uomini mukhabarat della Qata`al-Amn al-Watani, ossia i militari e i poliziotti dell’agenzia di intelligence egiziana, e che rispondono direttamente ad Abdel el-Ghaffar, considerato uno degli uomini chiave coinvolti nella misteriosa morte di Giulio Regeni.
Nel 2015 Magdy Abdel el-Ghaffar è stato nominato ministro dell’Interno. In precedenza, el-Ghaffar era stato reclutato nei servizi segreti egiziani noti per i loro metodi repressivi e brutali. Proprio alla sua nomina come ministro dell’Interno, l’ong Amnesty International ricollega l’aumento sensibile del numero delle sparizione avvenute in Egitto negli ultimi anni.
“Le sparizioni forzate sono diventate uno dei principali strumenti dello stato di polizia in Egitto. Chiunque osi prendere la parola è a rischio. Il contrasto al terrorismo è usato come giustificazione per rapire, interrogare e torturare coloro che intendono sfidare le autorità”, ha detto lo scorso anno Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Un dossier di 80 pagine redatto nel 2016 dalla ong Human Rights Watch racconta i trattamenti inumani riservati ai detenuti di Tora che vivono in spazi angusti senza letto né materasso, con privazioni di cibo e medicine.
Le informazioni raccolte sono basate su interviste realizzate a 20 parenti di detenuti, due avvocati, due ex prigionieri, e sull’analisi di immagini, referti medici e documenti che testimoniano le condizioni terribili all’interno della struttura, che in alcuni casi hanno portato perfino alla morte dei prigionieri.
Ai prigionieri vengono inflitti vari tipi di torture e maltrattamenti basati su pestaggi e abusi anche sessuali, senza che alcun legale o familiare possa incontrare i detenuti, definiti “sepolti vivi”.
Sul complesso carcerario di Tora, esistono anche report indipendenti di esperti delle Nazioni Unite. L’8 novembre 2019, alcuni esperti hanno rilasciato un breve report nel quale sostengono che “le condizione del regime carcerario in Egitto potrebbero aver portato alla morte dell’ex presidente Mohamed Morsi e aver messo a rischio la salute e la vita di altre migliaia di prigionieri”. Esperti indipendenti delle Nazioni Unite hanno dichiarato: “L’ex presidente Morsi è stato tenuto in condizioni che possono essere descritte solo come brutali, in particolare durante la sua detenzione di cinque anni nel complesso carcerario di Tora”.
“Abbiamo ottenuto prove credibili da varie fonti secondo cui migliaia di altri detenuti in tutto l’Egitto potrebbero subire gravi violazioni dei diritti umani, molti dei quali potrebbero essere ad alto rischio di morte. Questa sembra essere una pratica coerente e intenzionale da parte dell’attuale governo del presidente Adel-Fattah Al-Sisi per mettere a tacere i dissidenti”.
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