L’invasione russa dell’Ucraina viene considerata da molti studiosi a analisti che si occupano di comunicazione sulle piattaforme digitali la prima “guerra di TikTok”. Questo perché il social network cinese, per la prima volta in maniera così evidente, è diventato una delle principali fonti di informazione (e di disinformazione) per milioni di persone in tutto il mondo.
Uno studio effettuato pochi giorni fa NewsGuard ha mostrato come, nonostante le misure prese da TikTok per contrastare la diffusione di fake news, sulla piattaforma sia ancora estremamente facile incappare in contenuti fuorvianti (o vere e proprie bufale) che riguardano la guerra in Ucraina. Nello specifico, i ricercatori hanno creato alcuni nuovi account su TikTok: i profili hanno iniziato a visualizzare video sulla guerra e, dopo appena 45 minuti, l’algoritmo del social network ha iniziato a suggerire loro filmati analoghi. Solo che, tra i suggerimenti, erano presenti moltissimi video che contenevano informazioni del tutto false, privi peraltro di qualsiasi indicazione che permettessero di derivarne la provenienza.
Non solo, quindi, TikTok indirizzava i nuovi profili verso contenuti falsi, ma non dava nemmeno agli utenti la possibilità di contestualizzare le informazioni presenti nei filmati. Queste erano alcune delle bufale che si sono trovati davanti i ricercatori autori dell’esperimento: video che sostenevano la presenza in Ucraina di laboratori statunitensi di armi batteriologiche, o filmati di assalti e sparatorie in territorio ucraino che erano, in realtà, immagini di videogame.
L’esperimento ha mostrato tutte le falle ancora presenti nei sistemi di suggerimento automatici del social network. Gli algoritmi di TikTok differiscono parzialmente da quelli dei suoi competitor, come Facebook o Instagram. Mentre i social della galassia Meta si basano su sistemi di suggerimento automatico fortemente incentrati sui contatti personali e le pagine seguite, l’algoritmo di TikTok espone più facilmente anche a informazioni provenienti da sconosciuti. Il sistema (il cui funzionamento preciso, come sempre in questi casi, non è noto) tiene infatti conto delle interazioni su certe tipologie di contenuti, come il tempo speso a guardare i video, per suggerirne di simili.
Nel caso dell’esperimento di NewsGuard, insomma, ai ricercatori è bastato “allenare” l’algoritmo su contenuti che riguardavano la guerra in Ucraina, per ricevere in cambio numerosi filmati con informazioni palesemente false.
TikTok e la lotta alla disinformazione
Come hanno spiegato numerosi esperti sono diversi i fattori che, al momento, rendono complessa la lotta alla disinformazione che, pure, il social cinese sta provando a portare avanti. Come altre piattaforme, TikTok si basa sia su sistemi automatici di rilevamento di contenuti falsi, sia su team di moderatori. Come ha spiegato al The Guardian Jamie Favazza, portavoce della compagnia, TikTok dispone di moderatori che parlano più di 60 lingue e dialetti, tra cui il russo e l’ucraino: “La nostra risposta alla diffusione di disinformazione in Ucraina è stata forte: abbiamo investito maggiori risorse per rilevare le minacce e rimuovere le fake news”, ha detto Favazza al quotidiano britannico.
Tra le varie misure prese dal social cinese, c’è l’introduzione di alcuni strumenti per l’alfabetizzazione digitale degli utenti, così da “aiutare la nostra comunità a valutare e prendere decisioni sui contenuti che visualizzano online”. TikTok si è mostrata anche più trasparente dei suoi competitor americani sull’implementazione di alcune policy, pubblicando report che spiegavano quali contenuti erano stati rimossi dalla piattaforma.
Dopo che il Cremlino ha varato la legge che prevede 15 anni di carcere per chi diffonde informazioni che il Cremlino ritiene false, il social cinese ha sospeso il servizio di live-streaming e i nuovi contenuti caricati dalla Russia.
Nonostante le buone intenzioni, però, la disinformazione sul conflitto in Ucraina continua a circolare. In un articolo pubblicato su AgendaDigitale, Davide Bennato ha riportato alcuni esempi di contenuti fuorvianti che sono circolati su TikTok dall’inizio della guerra, come “un video di bombardamenti che sono in realtà immagini di un videogame” o la pubblicazione da parte di Pravda, un giornale ucraino, di “una clip audio con 13 soldati ucraini sull’isola dei Serpenti, un avamposto del Mar Nero, di fronte a un’unità militare russa che chiedeva loro di arrendersi. La clip è stata poi utilizzata in molti video TikTok, alcuni dei quali includevano una nota che affermava che tutti i 13 soldati erano morti. I funzionari ucraini hanno poi detto in un post su Facebook che gli uomini erano vivi ed erano stati fatti prigionieri, ma i video di TikTok non sono stati corretti”.
Il ruolo degli influencer
Oltre al sistema di suggerimento automatico di contenuti, un altro fattore che contribuisce alla diffusione di disinformazione su TikTok sembra essere il ruolo che, su questa piattaforma, hanno gli influencer. Come ha scritto il The Guardian, riportando alcuni recenti studi accademici sul tema, la propagazione di informazioni su TikTok, più ancora che su altri social network, dipende fortemente dalle “microcelebrities”, influencer che hanno interesse a pubblicare molti contenuti su breaking news o eventi di grande interesse collettivo al fine di aumentare l’engagement dei loro follower.
Spesso ciò avviene senza che quegli stessi contenuti siano stati opportunamente verificati: gli influencer, insomma, agiscono da intermediari e da diffusori di informazioni, ma senza effettuare alcuna operazione preliminare di fact-checking e, spesso, senza disporre delle conoscenze adeguate per discernere tra contenuti veri e falsi.
Non a caso, lo scorso 10 marzo, l’amministrazione Biden ha organizzato un incontro su Zoom con 30 tra i principali influencer statunitensi presenti su TikTok. Il meeting, presieduto dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki e da diversi funzionari del Governo, aveva l’obiettivo di informare gli influencer su numerose questioni riguardanti il conflitto.
Anche la Russia, su questo fronte, non è rimasta a guardare. Un’inchiesta di Vice News ha infatti rivelato come il Cremlino, all’inizio della guerra, abbia contattato numerosi influencer russi su un canale Telegram segreto, per istruirli sul tipo di informazioni da diffondere e il tipo di hashtag da utilizzare in relazione a quanto stava avvenendo in Ucraina.
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