Maya Halaoui si trovava all’interno dell’hotel Thon, all’angolo tra Rue de Trèves e Rue de la Loi, nel cuore di Bruxelles, quando si è accorta che qualcosa non andava. Non ha sentito l’esplosione. A preoccuparla è stata la densa nuvola di fumo e polvere che sembrava essersi alzata all’improvviso.
Sono le 9 e 11 del mattino. Soltanto un’ora prima due uomini si sono fatti esplodere al terminal di Zaventem, l’aeroporto principale della capitale belga. Adesso, una bomba è appena esplosa all’interno della stazione metro di Maelbeek, mentre erano in transito due treni.
Davanti agli occhi di Maya, 33enne nativa di Bruxelles, e a quelli dei numerosissimi pendolari che si stavano recando al lavoro in uno dei tanti edifici che ospitano le sedi delle principali istituzioni europee, prende forma una scena che sembrerebbe più adatta a un teatro di guerra che al quartiere epicentro della burocrazia comunitaria.
Uomini e donne coperti di sangue e nerume, alcuni feriti gravemente, si accasciano al suolo davanti all’uscita della metro. A circa settecento metri da lì sorge il Parlamento europeo, con i suoi palazzi che portano i nomi dei grandi sognatori europei del Novecento, tra cui il nostro Altiero Spinelli.
La situazione appare gravissima sin dall’inizio, le forze dell’ordine vengono dispiegate in quantità massiccia mentre si inseguono le notizie di altre esplosioni a Bruxelles, poi smentite.
“I miei genitori sono libanesi e per certi versi sono abituata agli scenari di guerra” racconta Maya, “ma tutto questo a Bruxelles è senza precedenti”.
Nel giro di venti minuti l’intero perimetro viene evacuato e tra i 15 e i 20 feriti vengono trasportati all’interno della lobby dell’hotel Thon, dove ricevono le prime cure. Il personale dell’albergo mette a disposizione asciugamani e lenzuola per ricavarne bende o coperte per le vittime dell’attacco.
Beatriz, ragazza spagnola di 25 anni che lavora nel campo della comunicazione in un edificio a pochi passi dalla fermata di Maelbeek, si trovava sul treno successivo a quello dove è avvenuta l’esplosione. La frenata brusca dei vagoni, una forte onda d’urto e poi la fuga a piedi nei tunnel sotterranei della metro, per riemergere in superficie alla fermata successiva di Arts-Loi.
Mentre Beatriz racconta la sua storia, nel tardo pomeriggio, le operazioni di polizia nel quartiere Schuman sono ancora in corso. Militari in tute mimetiche corrono lungo strade dove solitamente ad agitarsi sono solo uomini in giacca e cravatta. Le bandiere europee sventolano a mezz’asta davanti agli edifici della Commissione.
Poco distante dall’hotel Thon un poliziotto tira fuori da un cestino un oggetto sospetto e immediatamente le poche persone in strada vengono obbligate a trovare rifugio nel primo palazzo disponibile. È soltanto uno dei tanti casi che fanno piombare di nuovo nel terrore l’intero quartiere.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal sindaco di Bruxelles, ci sarebbero state 20 vittime e oltre 200 feriti soltanto alla fermata di Maelbeek, da aggiungersi alle 11 persone che hanno perso la vita all’aeroporto di Zaventem. Cifre però ancora provvisorie.
Poco prima delle quattro arriva anche una dichiarazione ufficiale da parte dei vertici dell’Unione Europea, che piangono le vittime degli attacchi terroristici e dichiarano: “È stato un attacco alla nostra società democratica”.
Quattro giorni dopo l’arresto dell’uomo più ricercato d’Europa, il responsabile delle stragi di Parigi Salah Abdeslam, l’Europa intera torna a vivere giornate di terrore. E per certi versi, si tratta di un’eventualità che le autorità belghe avevano in parte ipotizzato.
Lunedì scorso il ministro degli Interni belga Jan Jambon aveva affermato durante un’intervista alla radio che il paese intero era in stato di massima allerta in seguito all’arresto di Abdeslam.
“Sappiamo che in alcuni casi quando una cellula terroristica viene sgominata, questo può spingere un’altra cellula ad agire”, aveva detto Jambon. Parole che purtroppo si sono rivelate profetiche.
Nel tardo pomeriggio il sedicente Stato Islamico ha rivendicato la giornata di attacchi a Bruxelles, ma è ancora troppo presto per determinare se si tratti del tipico opportunismo che porta l’ISIS a volersi fregiare di qualsiasi barbarie in ogni angolo del mondo, o di un’azione realmente coordinata dai vertici dell’organizzazione.
Quello che diventa ogni giorno più evidente, dopo la scoperta che Abdeslam si nascondeva ancora a Molenbeek, e alla luce dei tristi eventi di questo 22 marzo è che ci sia una rete di terroristi ancora attiva in Belgio.
Leggi l'articolo originale su TPI.it