Lunedì 27 aprile le autorità nepalesi hanno cercato in ogni modo di trasportare gli aiuti umanitari dall’aeroporto della capitale Kathmandu agli sfollati e a chi non ha accesso diretto al cibo.
Migliaia di persone, stanche di aspettare, hanno lasciato la città, spostandosi nelle pianure circostanti, in seguito a un devastante terremoto di magnitudo 7.9 che ha colpito il Nepal sabato 25 aprile.
Il bilancio dei morti è salito a circa 7.056 persone, e le notizie che arrivano dalle aree più lontane intorno alla capitale indicano che il numero possa crescere ancora in maniera significativa.
Si tratta del peggior disastro naturale registrato in Nepal dal 1934, quando 8.500 persone persero la vita in un sisma di magnitudo 8.2.
Le attività all’interno dell’aeroporto di Kathmandu sono state rallentate dal fatto che diversi impiegati non si sono presentati al lavoro. Inoltre, ripetute scosse di assestamento che si sono verificate tra domenica 26 e lunedì 27 hanno obbligato il personale a chiudere l’aeroporto da quando c’è stato il terremo
Il vice primo ministro nepalese Bam Dev Gautam si sta occupando di supervisionare la distribuzione degli aiuti umanitari, e di fare in modo che i passeggeri rimasti bloccati in aeroporto possano lasciare il Paese.
I funzionari del governo hanno dichiarato di aver bisogno di maggiori rifornimenti di cibo e di medicinali, di più squadre di soccorso specializzate e di altri sacchi per i cadaveri.
“Gli obitori si stanno riempiendo completamente”, ha detto Shankar Koirala, un funzionario del gabinetto del primo ministro che si sta occupando della disposizione dei cadaveri.
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Molte famiglie hanno acceso pire funerarie per commemorare le vittime del terremoto in diverse città e villaggi del Paese. Più di 45 scosse di assestamento sono state registrate nel Paese nella giornata di lunedì 27 aprile, la più forte delle quali di magnitudo di 6.7.
Secondo gli esperti, queste scosse sono destinate a continuare nei prossimi giorni.
Fuga da Kathmandu
Molti degli abitanti di Kathmandu, che conta complessivamente circa un milione di residenti, dormono all’aperto da sabato 25 aprile, sia perché le loro case sono state distrutte dal terremoto, e sia perché temono che le numerose scosse di assestamento possano far crollare gli edifici rimasti in piedi.
Da lunedì 27 aprile migliaia di abitanti hanno iniziato a lasciare Kathmandu. Le strade che partono dalla capitale erano gremite di persone che tentavano di salire sui bus o di ottenere un passaggio a bordo di auto e camion diretti verso le pianure.
Lunghe file si sono formate all’aeroporto.
“Stiamo scappando”, ha detto Krishna Muktari, che gestisce un piccolo negozio di alimentari a Kathmandu, ferma in attesa all’incrocio di una strada.
Tra gli edifici distrutti a Kathmandu c’è anche la torre di Dharahara, una pietra miliare della città costruita dai governatori del Nepal nel diciannovesimo secolo, e riconosciuta dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
(Nella foto qui sotto: Una pira funeraria accesa da una famiglia nepalese in seguito al terremoto, a Bhaktapur, il 27 aprile 2015. Reuters/Adnan Abidi)
Nel frattempo, la portata dei danni causati dal terremoto è andata via via peggiorando, man mano che le notizie delle devastazioni cominciavano a giungere nella capitale da altre aree del Paese.
Nella catena montuosa dell’Himalaya, centinaia di scalatori si trovavano al campo base del monte Everest quando una valanga provocata dal terremoto ha causato almeno 17 vittime, tra cui 3 escursionisti statunitensi e uno giapponese, in quello che è considerato il peggior disastro ad aver colpito la montagna più alta del mondo.
Le squadre di soccorso e salvataggio, favorite dalle bune condizioni meteorologiche, hanno utilizzato gli elicotteri per trasportare dozzine di persone che erano rimaste bloccate sulle vette, a due a due.
Due speleologi italiani, Oskar Piazza e Gigliola Mancinelli, sarebbero rimasti uccisi nel terremoto. Anche due turisti italiani che si trovavano in Nepal per escursioni ad alta quota, Renzo Benedetti e Marco Pojer, hanno perso la vita nella catastrofe.
Alcuni italiani risultano ancora dispersi mentre una ragazza di Bergamo di 39 anni è salva e presto farà rientro in Italia.
Nel distretto di Sindhupalchowk, a circa tre ore di macchina a nordest di Kathmandu, il bilancio dei morti ha raggiunto le 875 vittime e ci si aspetta che cresca ulteriormente nelle prossime ore.
Nel distretto di Dhading inoltre, vicino all’epicentro del terremoto a ovest di Kathmandu, 241 persone hanno perso la vita.
I sopravvissuti hanno raccontato di aver provato a rimanere distesi a terra mentre le scosse scuotevano le montagne. Alcune persone sono rimaste bloccate per ore dopo il terremoto, incapaci di muoversi a causa delle numerose ferite riportate.
“Non c’è nessuno che aiuta le persone nei villaggi. La gente sta morendo”, ha detto A.B. Gurung, un soldato nepalese.
Gli aiuti raggiungono a fatica il Paese
A Kathmandu, le persone malate e ferite giacevano sdraiate all’aria aperta, senza la possibilità di trovare un letto all’interno degli ospedali della città devastata. I chirurghi hanno allestito una sala operatoria all’interno di una tenda nelle aree circostanti le strutture del Kathmandu Medical College.
Dentro e fuori la capitale, famiglie esauste gettavano materassi per le strade, e montavano tende per ripararsi dalla pioggia. Le persone hanno formato lunghe file vicino ai camion che distribuivano acqua potabile, mentre i pochi negozi ancora aperti stanno esaurendo le loro scorte.
Le organizzazioni umanitarie hanno comunicato che lenzuola di plastica, razioni di cibo, acqua potabile e coperte sono state distribuite alla popolazione colpita dal sisma nella capitale e nei dintorni.
Alcuni beni di soccorso hanno iniziato a raggiungere Kathmandu, seppur faticosamente, secondo quanto riportato da un testimone in loco. Diversi bagni chimici sono stati montati, e le agenzie di soccorso hanno iniziato a distribuire i primi rifornimenti di cibo.
Alcuni veicoli delle Nazioni Unite hanno trasportato attrezzature mediche e kit di primo soccorso. Tuttavia, mentre i nepalesi si preparano a passare una notte all’aperto, la frustrazione cresce.
Ana Bharat, uno studente di Kathmandu, ha detto che lui e 23 suoi parenti hanno montato una tenda nel giardino dietro al ministero dell’Interno.
“Non ci hanno dato alcun fastidio”, ha detto lo studente, riferendosi agli impiegati statali e ai funzionari negli edifici lì intorno, “ma non hanno nemmeno fatto nulla per aiutarci”.
L’Unicef ha dichiarato che circa un milione di bambini è stato gravemente colpito dal terremoto e ha inoltre avvertito della presenza di malattie trasmissibili attraverso l’acqua e altri morbi contagiosi.
Nell’antica città di Bhaktapur, nella parte est della valle di Kathmandu, molti abitanti sono stati costretti a trasformare alcune tende all’interno di una scuola nelle loro nuove dimore, dopo che diversi edifici sono crollati o hanno riportato grosse spaccature.
“Siamo diventati dei rifugiati”, ha detto Sarga Dhaoubadel, una studentessa di management i cui antenati avevano costruito la casa di famiglia a Bhaktapur più di 400 anni fa.
“Nessun componente del governo è venuto a offrirci neanche un bicchiere d’acqua”, ha continuato Sarga. “Nessuno si è preoccupato di venire a controllare il nostro stato di salute. Siamo completamente soli qui. L’unica cosa che possiamo sperare è che le scosse di assestamento finiscano al più presto, in modo da poter provare a tornare a casa”.
Un totale di 7.056 persone avrebbe perso la vita nel terremoto, e i feriti sarebbero più di 14.000.
Altre 66 persone sono rimaste uccise lungo il confine in India e almeno altre 20 in Tibet, come riporta l’agenzia di stampa di stato cinese Xinhua.
Nella sera di lunedì 27 aprile, nuove scosse hanno colpito l’India del nord, costringendo gli abitanti, preoccupati per la loro sicurezza, a fuggire velocemente dalle proprie abitazioni.
Diverse nazioni si sono affrettate a inviare aiuti umanitari e personale nel Paese devastato dalla catastrofe. L’India ha inviato elicotteri, attrezzature mediche e alcuni membri del National Disaster Response Force (Ndrf). La Cina ha mandato una squadra d’emergenza.
I vertici dell’esercito pakistano hanno detto che invieranno quattro aerei da trasporto militari C-130, ciascuno con a bordo 30 letti da ospedale, squadre di soccorso e di ricerca, e scorte di assistenza.
Un portavoce del Pentagono ha detto che un velivolo militare statunitense ha lasciato gli Stati Uniti domenica 26 aprile per giungere a Kathmandu il giorno successivo. Gli Stati Uniti hanno inoltre annunciato che stanzieranno un fondo di 10 milioni di dollari.
Questi fondi saranno utilizzati per le operazioni di ricerca e di soccorso, per costruire rifugi d’emergenza, fornire acqua potabile e servizi sanitari, e per far fronte ad altri bisogni, ha dichiarato l’agenzia statunitense per la cooperazione e lo sviluppo Usaid.
L’Australia, il Regno Unito e la Nuova Zelanda hanno detto che avrebbero inviato nella capitale delle squadre di soccorso e di salvataggio, in risposta alla richiesta delle autorità nepalesi.
Il governo del Regno Unito, convinto che centinaia di cittadini britannici si trovino ancora all’interno del Paese, sta inviando inoltre rifornimenti e medicinali.
Questa catastrofe del Nepal ha evidenziato la condizione in cui si trovano le strutture sanitarie del Nepal.
Il Nepal dispone solamente di 2,1 medici e di 50 letti d’ospedale per ogni 10mila persone, secondo un report del 2011 dell’organizzazione mondiale della sanità.