Terremoti Albania, Bosnia, Grecia: la spiegazione del sismologo Ingv
Albania, Bosnia, Grecia: in poche ore si sono susseguiti tre terremoti di magnitudo superiore a 5 causando vittime, danni e scatenando il panico tra gli abitanti delle tre zone interessate.
Alle 3,54 di martedì 26 novembre, una violenta scossa di terremoto di magnitudo 6.5 è stata registrata nei pressi di Durazzo, il Albania, causando 27 morti e oltre 650 feriti, di cui 8 in gravi condizioni.
Poche ore dopo, nella stessa giornata, due forti scosse di terremoto si sono verificate in Bosnia-Erzegovina e in Grecia.
La Grecia è stata colpita dal terremoto alle 5,49 del mattino, circa due ore dopo il sisma che ha devastato parte dell’Albania. Il sisma, registrato dall’Usgs, l’Istituto geofisico americano, è stato di magnitudo 4.6 e si è verificato a 6 chilometri dal villaggio di Ano Kastrits, nella Grecia Occidentale, a una profondità di 35 chilometri.
Per capire dal punto di vista tecnico-scientifico il fenomeno sismico, TPI ha contattato Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma.
Come spiega l’esperto, l’intensa attività sismica registrata in questi giorni dimostra come lo strato più esterno della Terra sia alla costante ricerca di un proprio equilibrio.
“Questa sequenza ha avuto il momento più intenso questa notte vicino Durazzo in Albania e poi nella zona circostante, parliamo di un’area di circa 30-40 km. La zona che si è attivata con questa faglia fa pensare che l’attività che c’è ora in quest’area durerà sicuramente molti mesi, continuando anche con altri terremoti di intensità inferiore”.
Dopo Durazzo, abbiamo avuto un terremoto più forte nella zona più a nord di magnitudo 5.4, zona Bosnia-Erzegovina.
“Parliamo sicuramente di un altro sistema di faglie”, spiega Amato, “pur essendo in qualche modo legato all’altro, dal punto di vista della geologia, riguarda un’altra fascia di una zona altrettanto attiva. Dire se quello della Bosnia è in qualche collegato in un rapporto di causa-effetto con quello dell’Albania è difficile”.
“È possibile che i terremoti siano in qualche modo correlati ma non da punto di vista causale, quanto temporale”, specifica l’esperto. “L’ultimo, quello di Creta, è ancora più a sud e fa parte di un altro dominio geologico perché limita la parte a sud dell’Albania, dove iniziano le isole ioniche e greche”.
“La circostanza per cui sono avvenuti tutti nell’arco di due giorni potrebbe far pensare a un motore comune, ma i terremoti si susseguono nel corso degli anni, solo qualche volta coincidono”, spiega Amato.
“Questa intensa attività sismica dimostra che lo strato più esterno della Terra (litosfera) è alla costante ricerca di un proprio equilibrio, per la verità molto distante dall’essere raggiunto. La litosfera è infatti suddivisa in blocchi (placche) in continuo movimento soggetti a sforzi di trazione, compressione e scorrimento”, prosegue l’esperto.
L’Ingv ha evidenziato che il bacino del Mediterraneo si trova in corrispondenza di un complesso “puzzle” di placche e microplacche, di cui alcune tendono a scontrarsi fra loro. Questo è ciò che si verifica fra la litosfera adriatica e quella eurasiatica nell’area del terremoto del 26 novembre 2019. Questo scontro tra due blocchi litosferici è all’origine della formazione delle catene montuose (Dinaridi, Albanidi ed Ellenidi) che si trovano sul lato orientale del Mare Adriatico.
Nell’animazione sottostante è illustrato come le onde sismiche dovute al terremoto odierno, abbiano attraversato tutto il territorio italiano in circa 15 minuti.
Questa animazione realizzata da Ingv permette di osservare come le registrazioni dei sismometri mostrino una propagazione preferenziale lungo regioni della costa adriatiche e l’area napoletana (in accordo con la mappa del risentimento ottenuta attraverso i questionari di