Il 13 febbraio 2018 si è aperto in Cisgiordania il processo contro l’attivista palestinese 17enne Ahed Tamimi, divenuta simbolo della resistenza palestinese, e per ordine del giudice si terrà a porte chiuse.
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La ragazza era stata arrestata dalle autorità israeliane il 19 dicembre 2017 dopo essere apparsa in un video, diventato virale, in cui schiaffeggiava un soldato israeliano dopo aver saputo che, durante uno scontro, la polizia israeliana aveva gravemente ferito al viso il suo cugino quindicenne con un proiettile di gomma.
Nel video, pubblicato il 15 dicembre 2017, la ragazza appare insieme alla cugina Nour Naji Tamimi, di 21 anni, anche lei arrestata e rilasciata su cauzione il 5 gennaio 2018, e a sua madre Nariman Tamimi, di 43 anni, attualmente in carcere in attesa di un processo.
Le immagini mostrano le due giovani palestinesi schiaffeggiare altrettanti soldati israeliani di guardia fuori dalla casa della loro famiglia nel villaggio di Nabi Saleh, in Cisgiordania.
All’inizio dell’udienza il giudice della corte militare di Ofer ha ordinato a tutti i presenti, esclusa la famiglia Tamimi, di lasciare l’aula.
Secondo il magistrato, “un dibattimento pubblico non è nell’interesse della ragazza minorenne”, e ha quindi proibito la presenza dei giornalisti nonostante la richiesta dell’avvocato della ragazza di far assistere i media al dibattimento.
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Il 17 gennaio 2018 un giudice militare israeliano aveva deciso che la ragazza sarebbe rimasta in carcere fino all’inizio del processo, che potrebbe durare mesi, e rappresenta già un caso simbolico nella battaglia per l’opinione pubblica internazionale.
La corte aveva definito l’adolescente un soggetto “pericoloso”, accusandola di un “reato ideologico”. Il 1 gennaio 2017 infatti la procura militare aveva accusato la 17enne di ben 12 capi di imputazione, compreso quello di “aggressione aggravata” e “incitamento alla violenza”, che potrebbero costarle anni di reclusione.
Il padre di Ahed, Bassem Tamimi, ha dichiarato di entrare in tribunale “senza aspettative, perché è una corte militare, parte dell’occupazione militare israeliana”.
Amnesty International, dopo l’arresto di Ahed Tamimi, ha lanciato una petizione internazionale per il suo rilascio, firmata da oltre 1,7 milioni di persone.
“Essendo una ragazza disarmata, Ahed non costituiva affatto una minaccia ai due soldati israeliani, pesantemente armati e con indosso vesti protettive”, ha detto Magdalena Mughrabi, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa.
“E tuttavia ancora una volta le autorità israeliane hanno risposto ad atti di sfida da parte di una bambina palestinese con misure completamente sproporzionate all’incidente in questione”.
I dati ufficiali rilasciati dall’Autorità nazionale palestinese parlano infatti di almeno 6.400 palestinesi attualmente detenuti nelle carceri israeliane.
“Non è una bambina, è una terrorista” ha obiettato il ministro della cultura Miri Regev prima del processo. “È ora che capiscano che le persone come lei devono stare in prigione, e che non può essere loro permesso di incitare al razzismo e al sovvertimento dello stato d’Israele”.