Venticinque musulmani sudanesi, tra cui tre adolescenti, rischiano di essere condannati a morte per apostasia, per aver seguito una versione considerata sbagliata dell’Islam dal governo del Sudan.
Gli uomini, che hanno dai 15 ai 51 anni e appartengono alla minoranza etnica hausa, sono stati rilasciati su cauzione lunedì 14 dicembre e ora sono in attesa del processo. Prima di poter essere liberati, avevano passato in prigione più di cinque settimane.
Sarebbero stati accusati in base all’articolo 126 del codice penale del paese, che si rifà alla legge della Sharia. Secondo l’avvocato della difesa, questo andrebbe contro la costituzione del paese, che garantisce il diritto di pensiero e di coscienza.
Gli uomini erano stati tratti in arresto mentre stavano pregando nella capitale Khartum, a novembre. Come racconta uno di loro al quotidiano britannico The Guardian, la polizia li avrebbe accerchiati mentre pregavano, puntando loro la pistola alla testa.
Se gli accusati durante il processo ammettessero le proprie colpe, la pena di morte potrebbe essere commutate in cinque anni di prigione, ma sembra che gli uomini non siano disposti a ritrattare la propria religione.
“Non cambierò mai idea riguardo a quello che mi è stato insegnato essere il giusto e vero Islam. Se vogliono ucciderci, lo facciano”, ha affermato Rifaat Abdel-Mo’min Awad, uno degli adolescenti che deve affrontare la sentenza di morte perché stava ascoltando le parole dell’imam insieme a suo fratello ventunenne Fareed quando è arrivata la polizia.