Syed Sirf Khan è stato trascinato fuori dalla sua cella da un folla inferocita di circa 4mila persone.
Lo hanno spogliato, picchiato e appeso alla torre dell’orologio di Dimapur, nello stato indiano di Nagaland, nel nordest dell’India.
L’uomo, che è stato ucciso, era accusato di aver stuprato una ragazza locale e per questo avrebbe subìto la brutale vendetta da parte dei cittadini lo scorso 5 marzo.
La polizia non è riuscita a contenere la folla che ha fatto irruzione nella Dimapur Central Jail.
“Se fossimo intervenuti, ci sarebbero state molte più vittime,” ha dichiarato un ufficiale della polizia dello stato del Nagaland al New York Times.
Il governo indiano viene spesso accusato di non fare abbastanza per tutelare le donne all’interno del Paese e per combattere la violenza nei loro confronti.
Secondo dati recenti, la popolazione del Nagaland è al 90 percento tribale. Il rimanente 10 per cento è invece composto da immigrati, molti dei quali sono accusati di esser arrivati illegalmente dal Bangladesh.
Syed Sirf Khan, il presunto stupratore, era tra questi ultimi. La vicenda dello stupro non ha fatto che esasperare l’odio e il rancore di cui sono spesso vittima gli immigrati originari del Bangladesh nel nordest indiano.
Non è chiaro se l’uomo fosse veramente del Bangladesh o meno. “Non siamo infiltrati bangladesi,” ha detto il fratello del presunto stupratore in un’intervista al The Sunday Express. “Veniamo da una famiglia di patrioti”.
Il Bangladesh confina a nord, a est e a ovest con l’India. I due Paesi condividono oltre 4mila chilometri di confine terrestre. Le tensioni tra i due popoli sono estremamente alte.
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