Studente arrestato in Egitto, cosa sappiamo finora su Patrick George Zaki
Lo studente arrestato in Egitto l’8 febbraio 2020 è ancora nelle mani delle autorità locali. A distanza di quattro anni dal caso di Giulio Regeni, un altro giovane ricercatore iscritto all’università in Italia è nuovamente stato preso dalle forze di sicurezza del Cairo.
Si tratta di Patrick George Zaki, 27enne di nazionalità egiziana, ma studente al master Gemma dell’Università di Bologna che si occupa di Women’s and Gender Studies. A dare la notizia dell’arresto è una Ong per la quale il giovane lavorava –Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr) – che si occupa appunto di diritti umani in Egitto. L’organizzazione ha rivelato che il giovane sarebbe stato trattenuto, interrogato, torturato e incriminato all’aeroporto del Cairo. Sul caso si sono subito mobilitate varie ong internazionali e attivisti.
Studente arrestato in Egitto, la ricostruzione del caso
Zaki si trovava a Bologna dallo scorso agosto, quando aveva deciso di raggiungere l’Italia per iniziare un dottorato. Il giovane – che è stato manager della campagna presidenziale di Khaled Ali, uno degli oppositori del presidente Abdel Fattah al-Sisi – era però tornato in Egitto per una breve vacanza nella sua città natale, Mansoura, non troppo distante da Il Cairo.
Quando il suo volo è atterrato lo scorso venerdì mattina – le 4:00 in ora locale – ha trovato gli agenti dei servizi segreti ad aspettarlo. Dopodiché non se ne sono avute più notizie per quasi 27 ore. Solo sabato mattina, infatti, è ricomparso davanti alla procura di Mansoura per un nuovo interrogatorio, sempre secondo quanto riporta Eipr.
Da quanto si apprende, poi, l’arresto sarebbe avvenuto in esecuzione di mandato di cattura emesso lo scorso 23 settembre 2019, sempre secondo quanto affermano le autorità locali. Ma l’Ong Eipr sostiene che quanto scritto nel rapporto della polizia sia falso. Qui si leggerebbe infatti che Zaki è stato arrestato a un posto di controllo nella sua città natale e non all’aeroporto. Al momento, lo studente si trova in stato di fermo e si parla di un ordine di custodia cautelare di 15 giorni. Misura confermata anche dal ministro dell’interno egiziano su Twitter.
I capi di accusa contro Patrick
A chiarire in esclusiva a TPI la situazione di Zaki, che stava rientrando nel suo Paese di origine per un periodo di vacanza ed è stato fermato proprio al suo arrivo all’aeroporto del Cairo, è il leader del Movimento 6 aprile, Sayed E. Nasr.
I capi d’accusa nei confronti di Zaki sono i seguenti: diffusione di false notizie per disturbare la quiete pubblica; incitamento a proteste non autorizzate, con l’obiettivo di screditare il prestigio dello Stato e disturbare la pace e la sicurezza pubblica; propaganda per rovesciare il governo e cambiare i principi basilari della costituzione; utilizzo di account social per destabilizzare l’ordine pubblico e soprattutto promozione di comportamenti violenti e crimini di matrice terroristica.
La testimonianza degli amici
Giada Rossi è un’amica e una collega di Patrick, insieme studiano al Master Gemma dell’Università di Bologna, a TPI ha raccontato i rapporti col giovane studente e importanti dettagli sulla vita del 28enne arrestato al Cairo: “Patrick doveva raggiungere la famiglia per trascorre 5 giorni di vacanza e poi fare rientro in Italia. Ha diritto di proseguire il Master a Bologna. Non sappiamo cosa gli è stato fatto, ma una cosa è certa: non ha mai raggiunto la sua famiglia ad Al-Manṣūra, è stato prelevato il secondo dopo che ha messo piede all’aeroporto internazionale del Cairo”.
La scomparsa
Durante il periodo in cui non si hanno avuto notizie, Zaki sarebbe stato bendato, picchiato e torturato. La versione di Eipr è confermata anche dal suo avvocato Wael Ghally, legale che da più di 15 anni si occupa di diritti umani, intervistato dal Fatto quotidiano.
Dopo il fermo all’aeroporto “Patrick è stato bendato e trasferito in una location sconosciuta a circa un’ora di auto dall’aeroporto” ed “è stato picchiato e torturato con l’elettricità. Ma non con il bastone, solo con dei fili in modo che non rimanessero segni. Chi lo ha fatto è un professionista che sa come fare”, ha raccontato l’avvocato.
La replica dell’Egitto
Intanto l’Egitto sembrerebbe storcere il naso di fronte a un’ingerenza straniera, come quella italiana. Secondo quanto si apprende infatti l’Italia avrebbe chiesto l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di monitoraggio processuale coordinato dalla delegazione Ue in loco che consente ai funzionari delle ambasciate Ue di monitorare l’evoluzione del processo e presenziare alle udienze.
“Non corrisponde al vero quanto circolato sui social circa l’arresto di un italiano chiamato Patrick“, ha precisato sui social network il ministro dell’Interno, come a dire che su questa questione nessuno debba metter bocca, visto che Zaki è egiziano e il provvedimento riguarda l’Egitto.