L’evoluzione sempre costante dei numeri legati ai femminicidi è diventato un problema rilevante per la Turchia, dove la violenza domestica è una piaga endemica.
Un recente rapporto Onu rivela che almeno il 39 per cento delle donne turche ha subito violenze fisiche da parte dei propri partner. Dati che si fondono con quelli forniti dal ministro della Famiglia di Ankara, Fatma Sahin, secondo cui sono 666 le donne uccise da mariti o familiari negli ultimi 4 anni e 7 mila le donne sotto protezione perché minacciate.
Secondo il procuratore turco Veli San, solo nel 2011 sono stati denunciati oltre 33 mila reati ‘sessuali’ contro donne da parte dei loro familiari. Ma il segno che qualcosa potrebbe cambiare è dato da alcune idee promosse in Turchia per far fronte a questo problema. Una Ong turca chiamata Sefkat-Der (Associazione della Compassione) ha lanciato un programma di addestramento alle armi per tutte quelle donne a rischio di subire violenze.
“Donne che siano capaci di usare armi? Un ottimo deterrente per gli uomini che hanno intenzioni omicide”, ha detto il presidente dell’Ong turca, Hayrettin Bulan. All’interno di questi corsi inoltre le donne potranno imparare a usare gas urticanti, verranno educate alla gestione della rabbia e riceveranno consigli su come fare ricorso al sistema legale per salvaguardare la loro posizione.
La stessa Ong recentemente ha proposto alle donne turche uno sciopero in occasione dell’ultimo episodio accaduto, quello di una ragazzina di 13 anni stuprata a Golcuk da 29 uomini. Lo sciopero comprenderebbe un’astinenza dai rapporti sessuali per 41 giorni e il rifiuto di praticare le consuete pulizie domestiche.
Anche la legge e i tribunali si stanno mostrando vicini al problema del femminicidio, ne è un esempio il caso di un giudice di Gaziantep che ha assolto una donna che aveva ucciso il proprio violentatore, affermando che la donna “non aveva scelta”. Il tribunale ha bollato il caso come “autodifesa”.