Il sito archeologico di Stonehenge è una delle più note e visitate attrazioni di tutto il Regno Unito. Situato non lontano dalla cittadina di Salisbury, esso risale circa al 3000 avanti Cristo, e l’aspetto attuale è frutto di una serie di restauri novecenteschi durante i quali le pietre, che giacevano a terra, vennero ricollocate.
L’attenzione intorno a questa struttura, considerata un prodigio della tecnica per essere stata realizzata 5mila anni fa. Essa ha scatenato l’interesse di archeologi, storici, amanti del folklore britannico, del ciclo arturiano, ma anche neopagani e teorici degli antichi alieni, che ne vedono per diverse ragioni un punto di riferimento. Ma in ogni caso, quale fosse il significato di questa struttura è rimasto fino a oggi un mistero e, per questa ragione, è stato un campo di studio particolarmente battuto.
Per questo sono nati numerosi progetti messi in moto da studiosi che hanno provato a capirci qualcosa in più di da quanto e perché quei monoliti si trovino lì. Tra il 2010 e il 2014 è stato attivo lo Stonehenge Hidden Landscape Project, dell’Università di Birmingham, il quale durante le ricerche per un errore del radar fu convinto di aver trovato sottoterra un vasto cerchio di pietre nei dintorni di Stonehenge ma di dimensioni più grandi, con un diametro di ben 500 metri. La notizia portò a una grande frenesia generale che però si interruppe quando si scoprì che quelle sottoterra non erano pietre ma tronchi in legno.
Un errore che però non è stato inutile, come ha sottolineato Vincent Gaffney, dell’Università di Bradford, che ha partecipato al progetto. In queste indagini archeologiche, infatti, secondo il professore è importante non solo sapere dove sono le cose, ma anche dove non sono, in modo da poter proseguire gli studi con un respiro più ampio.
La legna trovata a Durrington, per quanto non fosse un nuovo cerchio in pietra come inizialmente si pensava, era comunque un sistema di tronchi posti in maniera perfettamente circolare, cosa che se da un lato rimane un mistero, dall’altro è un’ulteriore prova che durante il Neolitico la zona di Stonehenge era attiva. Ulteriore perché le strutture nell’area non mancano: sono presenti due “cursus”, nome con cui sono definite le sequenze di cumuli tipiche di quel periodo, è un grande sentiero che conduce proprio a Stonehenge.
I tronchi di Durrington, ad esempio, potrebbero essere le mura di un villaggio. Questo è ciò che ha prospettato Mike Pearson, dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Londra, che ha però aggiunto come tali strutture siano state probabilmente distrutte per essere sostituite da un fossato. Secondo il professore, i pali in legno rimasti sottoterra potevano essere qualcosa di simile a dei monumenti funebri, magari di chi aveva lavorato alla costruzione di Stonehenge.
E’ molto importante comprendere la presenza umana durante il Neolitico nell’area di Stonehenge, anche alla luce del fatto che a circa 30 chilometri di distanza dal sito archeologico se ne trova un altro. Ad Avebury, questo il nome dell’altra località, è presente il più grande cerchio di pietre d’Europa. Questo ci fa pensare che la presenza umana a Stonehenge e quella nella vicina Avebury fossero strettamente connesse, e non è da escludere che tale presenza si estendesse fino al Galles, da dove la pietra di entrambi i monumenti sembra provenire.
Ma qual è stata per chi abitava le isole britanniche durante il Neolitico la connessione tra questi diversi luoghi?
Intanto, secondo Pearson, nelle colline di Preseli in Galles, da dove le pietre provengono, abitava un popolo diverso da quello di Stonehenge, e il fatto che sia stata usata proprio quella pietra rappresenta un simbolo di unione e collaborazione tra quelli che probabilmente erano i due principali popoli della parte meridionale dell’isola durante il Neolitico.
Nelle colline di Preseli sono infatti presenti numerosi dolmen, ovvero tombe monumentali del Neolitico, che mostrano come la zona fosse abitata già 700 anni prima che Stonehenge venisse costruita e che quindi vi risiedesse un popolo forse più influente di altri della zona.
Le colline di Preseli, Stonehenge ed Avebury erano dunque in qualche modo connessi tra di loro. Non è ancora chiara la ragione, ma anche questa è una notizia importante, e non è da escludere che i diversi monumenti, nell’ambito di questa connessione, fossero usati per lunghe processioni.
Resta però anche un altro importante mistero: ancora non è chiaro come le pietre di Stonehenge siano state trasportate dalle colline di Preseli stando a quanto sappiamo della tecnologia dei tempi del Neolitico.