Negli Stati Uniti, ogni quattro anni, dicono sempre la stessa cosa: “Questa sarà l’elezione più importante di sempre”. Di conseguenza, sentire ripetere la stessa frase più e più volte dalle varie parti coinvolte, quando mancano solo sei settimane al voto del 3 di novembre, non dovrebbe suscitare più di tanta enfasi. Tuttavia, la morte di Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema scomparsa a 87 anni lo scorso venerdì, apre scenari totalmente nuovi, con effetti e conseguenze che potrebbero influenzare gli Stati Uniti non solo per i prossimi quattro anni, bensì per i prossimi trenta, come minimo. Per farla breve, negli Stati Uniti, al di là del presidente e del Congresso, l’unico vero potere che ha l’ultima parola su quasi tutti gli argomenti è la Corte Suprema, con la sua sede che si trova proprio dietro il Campidoglio di Washintgon D.C. .
All’interno della Corte, composta da 9 giudici, i vari membri hanno diverse posizioni: alcuni sono più liberali, altri più conservatori e il resto con visioni più o meno moderate che spesso fanno pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, quando si tratta di decidere su temi di vitale importanza, che possono cambiare la faccia della società americana. Dal diritto all’aborto alla tutela degli immigrati, fino alla gestione della salute pubblica, la Corte ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella storia degli Stati Uniti e, da quando ha vinto le elezioni Donald Trump, è diventata sempre più conservatrice grazie a due nomine, quella dei giudici Neil Gorsuch nel 2017 e quella di Brett Kavanough nel 2018. Entrambe votate dal Senato a maggioranza repubblicana fra moltissime polemiche. Fino alla morte di Ginsburg, la situazione era abbastanza bilanciata, con quattro giudici tendenzialmente conservatori, quattro liberali e un giudice, John Roberts, con opinioni centriste.
Ora, senza Ginsburg (un vero simbolo per moltissimi americani) una nuova nomina da parte di Trump, sicuramente giovane e conservatrice, sbilancerebbe completamente l’equilibrio della Corte, con una maggioranza di 6-3 che potrebbe condizionare le sue decisioni per decine di anni, e con posizioni conservatrici che renderebbero gli Stati Uniti un paese molto diverso da come lo conosciamo ora. Ricordiamo che le nomine dei giudici sono a vita. L’annuncio della scomparsa della giudice Ginsburg non era nemmeno stato dato, che già erano iniziate le discussioni per la sostituzione, con il presidente Trump e il leader repubblicano, Mitch McConnell, che vorrebbero scegliere e votare un nuovo magistrato già nelle prossime settimane, senza aspettare il risultato delle elezioni, o votare prima della fine di gennaio, quando ancora non si sarà insediato il nuovo presidente e i nuovi membri del Congresso eletti.
Un’ipotesi che ha lasciato senza parole i Democratici, ma anche vari senatori repubblicani che si giocano la rielezione a novembre e che vedono una decisione del genere, quando manca così poco alle votazioni, come un rischio per la loro stessa candidatura. Allo stesso tempo, sarebbe un’azione immorale da parte dei repubblicani, perché nel 2016, quando l’ex presidente Obama voleva sostituire il defunto giudice Anthony Scalia, gli stessi Repubblicani, che già controllavano il Senato, si rifiutarono di approvare la nomina, affermando che non si potesse scegliere un giudice nell’anno delle elezioni. Ora, a parti inverse, sono i Democratici a chiedere di rispettare questo patto d’onore, ma quasi certamente, Trump e i repubblicani faranno ciò che vogliono, perché l’occasione è troppo ghiotta: nominare un nuovo giudice, anche in caso le elezioni andassero male e il tycoon venisse sconfitto da Joe Biden, potrebbe avere un peso enorme negli anni a venire.
Certo, gli effetti collaterali di un’azione tanto sfrontata e, diciamolo, scorretta, potrebbero essere numerosi: per esempio, potrebbe convincere ancora più gente a votare in favore di Biden, oppure potrebbe convincere i democratici, in caso di vittoria elettorale, a vendicarsi di tale mossa, soprattutto se il Senato passasse nelle mani del partito dell’asino, aumentando il numero dei giudici della Corte Suprema. In fondo, non c’è nessuna regola che stabilisce che debbano essere 9 i giudici e il Congresso, dove la Camera dei Rappresentanti è già in mano ai democratici e difficilmente cambierà assetto con le elezioni, può cambiare il numero senza tanti problemi. Allo stesso tempo, la nuova nomina, che potrebbe essere quella di Amy Coney Barrett, giudice con posizioni molto estreme e contro l’aborto, potrebbe compiacere gli elettori repubblicani che non amano Trump. Elettori che pur di non veder vincere i democratici, sarebbero disposti a tapparsi il naso e votare il presidente pur di non perdere.
Per chi non conoscesse l’America, le dinamiche politiche di questo paese sono facili da spiegare: ognuno pensa ai propri interessi e i politici spesso sono solo un mezzo per portare avanti tali interessi, non importa chi essi siano e cosa facciano. Insomma, la posta in gioco è grande e fa di queste elezioni un evento storico, in un contesto già estremizzato dove i due candidati, specie Trump, affermano che in caso di vittoria del rivale, sarà la fine per gli Stati Uniti. Biden afferma che altri quattro anni di Donald Trump sarebbero apocalittici per l’America, mentre il presidente sostiene che una vittoria democratica farebbe sprofondare il paese nell’anarchia e nel socialismo, un argomento che in America ancora oggi crea panico e orrore. Tali visioni estremistiche sono spesso usate nelle elezioni, ma in un 2020 che vede tuttora in corso una pandemia, con una crisi economica senza precedenti, mentre il numero dei morti negli Stati Uniti ha quasi raggiungo 200mila vittime, e che ha visto le proteste sociali più grandi dagli anni Sessanta, è possibile percepire la tensione e l’enorme peso che avranno queste elezioni.
I sondaggi danno ancora in vantaggio Biden, ma i sondaggi lasciano sempre il tempo che trovano e non possono prevedere cosa voteranno realmente gli elettori fra sei settimane. Sono più una fotografia del presente che del futuro. Certo, a Biden basterebbe vincere in alcuni stati in bilico, come la Florida e la Pennsylvania, e potrebbe portarsi a casa la presidenza. Un’ipotesi plausibile, vedendo i sondaggi nei vari stati. Allo stesso tempo Trump sembra immune a qualsiasi scandalo, come se fosse fatto di gomma e qualsiasi rivelazione o accusa, che ammazzerebbe qualsiasi altro candidato, semplicemente attecchisca per un giorno o due per poi scivolare via, magari coperta da un nuovo scandalo. E quindi Trump può offendere i veterani e i morti in guerra, chiamandoli perdenti per il fatto di essere caduti vittime in un conflitto, o può anche venire fuori che il presidente abbia mentito ai suoi cittadini fin da febbraio, quando conosceva benissimo le gravi conseguenze della pandemia di Coronavirus.
Tutto ciò, mentre pubblicamente affermava che il virus era una sciocchezza e che sarebbe scomparso nel giro di poco tempo. Ricordiamo che la gestione della pandemia di Trump è stata disastrosa: ha minimizzato il rischio, ha impedito un coordinamento a livello nazionale, senza veri lockdown o un uso obbligatorio delle mascherine per tutti. Decisioni che hanno reso la pandemia inestinguibile negli Stati Uniti, nonostante tutte le promesse di avere un vaccino sicuro per ottobre e tutti gli americani vaccinati per il prossimo aprile. I morti e i malati sono da record mondiale, ma questo non sembra aver danneggiato più di tanto il tycoon, analogamente a quanto accaduto durante la richiesta di impeachment e lo scandalo Russiagate. Anche lo stesso vaccino contro il Covid-19 è diventato un’arma politica e gli scienziati sono scettici sulla sua sicurezza, ma in molti credono che Trump farà di tutto per averlo pronto il prima possibile, pur di vincere queste elezioni.
Oggi, nonostante quello che dicono i giornali, i due candidati se la giocano alla pari. Sarà un testa a testa fino all’ultimo giorno. Il 29 di settembre ci sarà il primo dibattito presidenziale, con Trump e Biden che finalmente si affronteranno faccia a faccia. La cosa potrebbe avere un peso notevole sulle sorti delle elezioni, con un Biden che dovrà affrontare un rivale che è la rappresentazione dell’anti-politica e che potrebbe sovrastarlo con le sue maniere forti e la sue doti oratorie. Se Biden riuscisse a uscire, non dico vittorioso, ma per lo meno senza le ossa rotte, dai tre dibattiti che lo attendono da oggi alla fine di ottobre, le sue possibilità di vincere le elezioni aumenterebbero notevolmente. C’è anche un’ipotesi, possibile, in cui Trump vinca le elezioni, ma perda il Senato. In quel caso, con un Congresso totalmente democratico, avrebbe le mani totalmente legate, perché il Campidoglio gli farebbe la guerra su tutto, e non potrebbe più fare il bello e cattivo tempo come ha fatto finora.
In conclusione, mancano poco più di quaranta giorni alle elezioni presidenziali e tutto è ancora in gioco, la campagna elettorale è entrata nella sua fase finale, la più incandescente, senza esclusione di colpi bassi, con una nomina alla Corte Suprema che potrebbe diventare il nuovo tema centrale del dibattito. Una circostanza che gioverebbe a Trump, perché distrarrebbe gli elettori da tutti i suoi errori da quando è iniziata la pandemia, e che potrebbe radicalizzare le decisioni degli americani, messi di fronte a un’elezione che potrebbe decidere le sorti dell’America, e non solo della sua politica, per i prossimi anni.
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