Maria Butina, la ragazza russa di 29 anni arrestata domenica 15 luglio a Washington con l’accusa di essere una spia russa, ha confessato di aver cospirato contro gli Stati Uniti per conto del Cremlino.
La donna è accusata di aver cercato di influenzare alcune organizzazioni americane, compresa la potente lobby delle armi NRA (National Rifle Association), durante le presidenziali Usa del 2016, dietro indicazione del governo russo.
Arrestata a luglio 2018 con l’accusa di cospirazione, Butina in un primo momento aveva rigettato le accuse a suo carico. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, le accuse “sono del tutto infondate”.
“A quanto ho capito questo patteggiamento, che è una pratica diffusa negli Stati Uniti, fa parte di un accordo in base al quale è possibile essere liberati e tornare a casa il prima possibile”, ha aggiunto il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov.
Il caso non ha alcun legame con l’inchiesta del procuratore Mueller sull’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016.
Le accuse
I procuratori federali hanno detto che Butina rispondeva ad un alto funzionario russo e che il suo obiettivo era infiltrarsi in gruppi politici conservatori, tra cui la NRA, la lobby delle armi vicina al partito Repubblicano di Trump.
Butina, detta anche Maria, aveva fondato “Right to Bear Arms”, un gruppo russo per il diritto alla difesa armata personale, grazie al quale si sarebbe infiltrata nella lobby americana delle armi.
La donna ha ammesso di aver lavorato con due americani e un ufficiale russo: uno dei cittadini statunitensi è stato identificato dai media americani come Paul Erickson, un attivista politico conservatore del Sud Dakota che aveva una relazione con Butina.
In precedenza, il ministero degli Esteri di Mosca aveva dichiarato che l’arresto di Butina era stato progettato per minare i “risultati positivi” del vertice tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il suo omologo russo Vladimir Putin, tenutosi a Helsinki lunedì 16 luglio.
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