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    La Spagna impara dall’Italia: dopo anni di insulti le due sinistre trovano un accordo per governare insieme

    Credit: Emanuele Fucecchi
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 13 Nov. 2019 alle 11:21 Aggiornato il 13 Nov. 2019 alle 18:12

    Guardate le foto, guardate quell’abbraccio: è nato “il governo del Peblo”. Ovvero il “governo del pueblo”, di Pedro e di Pablo, l’accordo complicato tra le due sinistre spagnole che per essere firmato ha richiesto cinque anni di guerra, sangue, insulti, ingiurie, e almeno tre elezioni politiche anticipate (comprese le ultime, quelle di domenica scorsa). Ancora una volta una immagine – quella di questo abbraccio – supera i confini della Spagna, e fa diventare l’Italia un paese precursore. A Madrid ci sono due leader irriducibili, due carismi, due caratteri saturnini e spesso inconciliabili che mettono la firma (fisicamente) su un programma comune, dopo essersi fatti la guerra.

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    Ma l’antecedente di questo storico passo è il governo giallorosso: se hanno fatto l’accordo in Italia, dicevano quelli di Podemos, perché non dovremmo farlo anche noi in Spagna? E così, l’ultimo voto, in cui i due partiti di sinistra hanno perso entrambi seggi ha portato consiglio: e soprattutto ha fatto manifestare anche nella penisola iberica l’apparizione di un “nuovo Salvini”. Che poi – la definizione è quella dello scrittore Xaxier Cercas – è Santiago Abascal, il leader di Vox, il neonato partito dell’ultradestra populista (che ha svuotato il contenitore liberista di Ciudadanos).

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    Dice Cercas: “È molto più intelligente, e quindi più pericoloso, il vostro Salvini, che Abascal riconosce come maestro. Infatti – dice lo scrittore – Abascal sta imparando da Salvini che il discorso più attraente è quello contro l’immigrazione, contro l’Europa, per la difesa della nazione e della sovranità”. Tutto è vicino, tutto è interconnesso: Italia, Spagna, destra, sinistra, leadership e programmi. Per arrivare a questo abbraccio le due sinistra spagnole hanno perso dieci seggi di vantaggio sulla destra.

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    Quindi anche in Spagna la sinistra supera le sue paure, e rimargina le sue antiche cicatrici, non per virtù, ma per paura. Tuttavia quella foto, e quell’abbraccio, dicono alla Spagna, e all’Europa qualcosa di più: le politiche del rigore, la globalizzazione, la crisi, e il tradimento delle élites avevano prodotto questa separazione nel campo dei progressisti. Sinistre socialdemocratiche revisioniste e rigoriste, divise da sinistre radicali o massimaliste, o populiste. In alcuni casi anche populiste ideologiche (come ad esempio quella francese di Jean Luc Melenchon), in altri post-ideologiche come quella della M5s, nata sull’idea di superare le famiglie novecentesche, e con il sogno di ridisegnare ecologicamente la modernità.

    Le sinistra socialdemocratiche morenti disdegnavano anche solo il dialogo con queste nuove forme di rappresentanza, e spesso le sue nuove famiglie – populisti di sinistra e governisti di sinistra – finivano per odiarsi, declinando l’inevitabile racconto del duello fratricida. In Spagna si è arrivati a questo ultimo voto anticipato proprio perché Pedro (Sanchez) aveva posto un veto sulla presenza di Pablo (Iglesias) al governo. Oggi quel veto cade, Pedro abbraccia Pablo, e lo nomina virtualmente vicepremier.

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    La forza della nuova destra, più attrezzata a diventare l’alveo del fiume della rabbia, costringe i populisti progressisti a civilizzarsi, e i socialdemocratici inciucisti a auto-bonificarsi. In Italia il Pd si libera (faticosamente) del leopoldismo renziano che aveva governato con Berlusconi prima e con Alfano poi. In Spagna Sanchez manda in soffitta i vecchi babbioni come Alfredo Perez Rubalcaba (scomparso nella scorsa primavera) eternamente innamorati del Pp e convinti della necessità ineluttabile con un governo con la destra.

    Sanchez combatte questa linea, viene destituito dai babbioni inciucisti, attraversa il deserto dell’opposizione interna ma riesce ritornare segretario. Il punto di svolta che permette l’abbraccio, dunque è il momento esatto in cui i riformisti abbandonano il moderatismo e la sua forma di espressione politica (corruttiva), l’inciucio. Quello stesso fenomeno che nella sua denominazione più aulica, quella di “Grosse Koalition” ha sterminato l’Spd, nell’abbraccio suicida con la Merkel.

    Nel Regno Unito invece, questo accade poiché il populismo dell’Ukip e di Nigel Farage va ad occupare lo spazio della destra, e permette ai laburisti di rinnovarsi cancellando il dogma della variante blairiana. In Portogallo il partito socialista di Antonio Costa – uscito vincitore dalle urne – forma un governo monocolore che dovrà negoziare a sinistra con il Blocco di Sinistra e con i post comunisti.

    In ogni paese, dunque, persino in quello dove era nata la “terza via”, si torna all’idea del bene comune e collettivo, all’intervento dello Stato (che fino a ieri era bestemmia), come strumento principe di riequilibrio della disuguaglianza sociale. Quell’abbraccio e questa inversione di tendenza dicono molto sui nuovi tempi, dunque, ma non cancellano l’unico dubbio: quello, cioè, che i giallorossi, i “peblisti”, i neo laburisti siano arrivati tardi. Solo se riusciranno a sanare il ricordo dei margini innescata dalla curia, infatti, potranno trasformare le loro alleanze tattiche in coalizioni vincenti. Guardate la foto dell’abbraccio. E provare a immaginare quale potrà essere il fermo immagine se il fotografo tornerà fra un anno

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