Il re spagnolo Felipe VI ha concluso senza successo il terzo round di consultazioni con i leader dei partiti politici per trovare un primo ministro.
In assenza di un accordo, il parlamento verrà sciolto e verranno indette elezioni anticipate per il prossimo 26 giugno. Il termine ultimo sarà la mezzanotte del 2 maggio, quando scadranno i due mesi entro i quali si sarebbe dovuto trovare l’accordo sul governo. È la prima volta nella storia democratica della Spagna che non si riesce a formare un governo.
Il Partito Popolare, al governo nella scorsa legislatura, era stato il partito più votato con il 28,72 per cento dei voti (122 seggi) al congresso e 29,96 per cento dei voti al senato (124 seggi), ma il suo leader, Mariano Rajoy, non era stato in grado di formare un governo e il 22 gennaio aveva rinunciato all’incarico. La palla era poi passata al leader socialista di Pedro Sanchez.
Il partito socialista operaio spagnolo, Psoe, che nelle elezioni di dicembre aveva ottenuto il 22,01 per cento dei voti (90 seggi) al congresso e il 22,84 al senato (47 seggi), ha fallito però nel tentativo di assicurarsi una maggioranza in parlamento.
Alle scorse elezioni gli altri due partiti più votati erano stati Podemos, che aveva ottenuto il 20,66 per cento dei voti (69 seggi) al congresso e il 18,42 al senato (16 seggi) e Ciudadanos il 13,93 (40 seggi) al congresso e l’11,17 per cento al senato (nessun seggio).
Se il partito socialista si fosse unito solo con il movimento Ciudadanos, al congresso avrebbe potuto contare solo su 130 seggi sui 350 totali. Non aveva quindi la maggioranza assoluta necessaria di 176 seggi. Gli altri due partiti avversari principali, Podemos e i Popolari, che insieme possono contare su 191 seggi, non hanno voluto sostenere un eventuale governo Sanchez.
Né il leader di Podemos, Pablo Iglesias, né il premier uscente e primo ministro ad interim, Mariano Rajoy, hanno accettato di formare un governo di coalizione con i socialisti del Psoe.
In Spagna l’articolo 99 della Costituzione regola la formazione del governo: “il Re, previa consultazione con i rappresentanti designati dai gruppi politici proporrà un candidato alla presidenza del governo. Qualora il Congresso dei deputati, col voto della maggioranza assoluta dei suoi membri, conceda la fiducia al suddetto candidato, il re lo nominerà presidente. In caso non si raggiunga la maggioranza assoluta, la stessa proposta sarà nuovamente votata 48 ore dopo la prima votazione e la fiducia s’intenderà, concessa qualora si ottenga la maggioranza semplice. Se, effettuate le votazioni di cui sopra, non verrà concessa la fiducia, si presenteranno altre proposte nella forma prevista ai comma precedenti. Se, trascorsi due mesi dalla prima votazione, nessun candidato avrà ottenuto la fiducia del Congresso, il Re scioglierà le due Camere e indirà nuove elezioni”.
E il caso previsto da quest’ultimo comma si è verificato: trascorsi due mesi dalla votazione del 2 marzo 2016, in cui Pedro Sanchez non ha ottenuto la fiducia, nessun altro candidato ha ottenuto l’appoggio del parlamento e il re dovrà quindi sciogliere le camere e indire nuove elezioni.
La campagna elettorale avrà inizio il 10 giugno e le elezioni si terranno il 26 giugno. Il nuovo parlamento dovrebbe giurare il prossimo 20 luglio. Probabilmente il nuovo governo non si avrà prima di settembre.
Secondo gli analisti, alle prossime elezioni, potrebbe non cambiare molto e il voto potrebbe, con buona probabilità, restituire di nuovo un parlamento estremamente frammentato.
– Le date più importanti di queste elezioni:
20 dicembre: elezioni generali da cui è venuto fuori un parlamento estremamente frammentato
22 gennaio: Mariano Rajoy rinuncia all’incarico di formare l’esecutivo
2 e 4 marzo: i due voti di fiducia a Pedro Sanchez
25 e 26 aprile: ultimo round di consultazioni
2 marzo: scade il tempo per formare un governo, vengono sciolte le camere
10 giugno: inizia la campagna elettorale
26 giugno: elezioni anticipate
Le infografiche (Congresso e Senato):