Gli otto soldati turchi che erano fuggiti in Grecia con un elicottero militare dopo il fallimento del colpo di stato della notte tra il 15 e il 16 luglio temono che sarebbero uccisi se venissero rimandati in Turchia.
Gli uomini erano atterrati nella città settentrionale di Alessandropoli a mezzogiorno di sabato dopo aver inviato un segnale di emergenza. Erano stati arrestati e avevano chiesto asilo politico.
“Ritengono che, in un modo o nell’altro, perderebbero la vita se tornassero in Turchia”, ha riferito il legale di quattro di loro, Vasiliki Ilia Marinaki, quando sono apparsi in tribunale a volto coperto. “Che la pena di morte sia reintrodotta o meno, credono che alla fine verrebbero uccisi”.
Giovedì erano stati condannati a due mesi di reclusione con la condizionale per essere entrati in Grecia illegalmente. Le loro richieste di asilo sono sotto esame e la prossima settimana sosterranno dei colloqui con le autorità dell’Immigrazione.
La Turchia sostiene che si tratta di traditori e di elementi terroristi e ne ha chiesto l’estradizione, perciò la Grecia ha dichiarato che valuterà le loro richieste di asilo rapidamente.
I militari sostengono che non sapevano che fosse in corso un golpe e che i loro superiori li avevano incaricati di trasportare i feriti alle ambulanze.
Avevano deciso di fuggire a bordo dell’elicottero quando la polizia aveva cominciato a sparare contro il Black Hawk.
“Erano in condizioni di emergenza ed è per questo che sono entrati in territorio greco. Ad ogni modo, sono entrati in Grecia ufficialmente, ossia sono atterrati all’aeroporto e una volta sbarcati hanno immediatamente richiesto asilo politico”, ha riferito Marinaki.