Mentre le alte cariche dello stato in Iran postano foto su Facebook e usano Twitter per parlare al mondo delle loro attività, i cittadini sperano che un giorno la piena libertà della rete possa arrivare anche a loro. Gli iraniani, infatti, hanno gli account bloccati dal 2009, quando Twitter fu utilizzato per organizzare le proteste contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad.
Secondo le autorità, i social network favoriscono la corruzione e la prostituzione, legittimano l’oltraggio alla morale e minacciano la sicurezza pubblica. E a marzo di quest’anno hanno intensificato le restrizioni sulle chat e sui Virtual Private Network (Vpn) che i cittadini usano per aggirare i filtri del governo.
A riaccendere il dibattito sulle politiche anti-social network di Teheran sono state le recenti dichiarazioni del capo della polizia iraniana Esmaeel Ahmadi Moghaddam, secondo cui i funzionari pubblici, usando i siti proibiti, inciterebbero il resto dei cittadini a fare altrettanto.
“Il fatto che alcuni funzionari abbiano iniziato a poco a poco a superare le linee rosse e a entrare in zone proibite ai cittadini non è un fatto positivo e tutti dovrebbero rispettare le regole”, ha dichiarato Moghaddam all’agenzia di stampa iraniana Mehr. “I funzionari dovrebbero tenere a mente che le loro azioni non dovrebbero preparare il terreno ad altri per violare la legge”.
I commenti di Moghaddam sono stati subito interpretati come un attacco diretto al ministro degli esteri iraniano Javad Zarif e al presidente Hassan Rouhani, conosciuti entrambi per la loro presenza online e per la loro “Twitter diplomacy”. Il modo in cui essi usano i social network infrange i divieti imposti nel 2013 per tutti i cittadini iraniani, ma allo stesso tempo dimostra che il governo vorrebbe invertire la rotta.
Il presidente Rouhani è il primo ad usare Twitter per promuovere eventi ufficiali e conferenze stampa. Gestisce regolarmente il suo account, twittando messaggi in inglese e in persiano. Anche il ministro degli esteri Javad Zarif aggiorna la sua pagina Facebook e il suo account Twitter con foto che documentano le sue attività. Come loro, molte altre personalità di spicco sono online. Perfino l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha uno staff per gestire i vari social media. La loro attività on line potrebbe determinare un cambiamento e aprire una nuova stagione di liberalizzazioni, ma il ricordo delle proteste antigovernative organizzate tramite Twitter è ancora troppo forte negli ambienti politici.
Fin dalla sua elezione a giugno del 2013, Rouhani ha ripetutamente affermato di volere una maggiore libertà della rete per il popolo iraniano e un’atmosfera meno restrittiva in molti altri ambiti. E i recenti accordi sul nucleare danno qualche speranza in più per ulteriori riforme, tra le quali potrebbe rientrare quella dell’abolizione dei divieti sull’uso dei social network.
Intanto su Twitter impazza il video Youtube realizzato da alcuni suoi sostenitori per i primi 100 giorni di presidenza, rilanciato dal presidente stesso con uno status che recita: “Rimarrò fedele agli impegni presi”.
Il mese scorso, anche il ministro della cultura e guida islamica, Ali Jannati, aveva lanciato un appello per la legalizzazione dei social media. Jannati, che usa Facebook per la promozione delle sue attività, non ha da solo il potere legale per rimuovere le restrizioni, ma i quotidiani hanno dato ampio spazio alle sue dichiarazioni e al dibattito sul tema.
A oggi, in tutto il Paese sono oltre 30 milioni gli iraniani che usano internet, e di questi si stima che 2 milioni usino le connessioni private Vpn per bypassare i divieti e utilizzare Twitter e Facebook, in attesa di un provvedimento che renda di nuovo i social network accessibili a tutti.
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