Siria Turchia, l’allarme del medico di una ong italiana
L’attacco della Turchia in Siria contro i curdi sta causando “un disastro umanitario”, avrà “conseguenze devastanti”. È l’allarme lanciato in un’intervista a Repubblica (di Floriana Bulfon) dal medico di una ong italiana dal Kurdistan siriano. A parlare è il dottor Pedro Sanjose Garces, che arriva dal Rojava e dal 2015 è impegnato con l’organizzazione non governativa ‘Un ponte per’ in collaborazione con la ‘Mezzaluna rossa’ per la ricostruzione del sistema sanitario nazionale.
Mancano ospedali, cliniche, medicinali, nelle zone finite sotto attacco, spiega il medico, e la situazione potrebbe peggiorare, con l’operazione turca Peace Spring lanciata il 9 ottobre, che sta colpendo le principali città di confine, lasciando macerie e morte.
La situazione è “terribile”, dice il medico a Repubblica. “I bombardamenti – racconta – hanno colpito in modo indiscriminato le città più densamente abitate come Kobane, il simbolo della resistenza a Daesh, Ras El Ain, Ain Issa. Ad Hassake un attacco aereo ha distrutto l’impianto di distribuzione dell’acqua, a Qamishlo ieri notte hanno devastato il quartiere cristiano. È scandaloso se pensa che proprio lì, appena poche settimane fa, persone di tutte le confessioni religiose avevano festeggiato la Giornata Internazionale della Pace”.
L’attacco militare arriva in una terra che già viveva in condizioni critiche. “Già prima dell’offensiva il 95 per cento della popolazione aveva bisogno di supporto per accedere ai servizi sanitari di base, ora siamo alle porte di un disastro umanitario. Siamo stati costretti a riposizionare il nostro team medico e le ambulanze lungo il confine, lasciando scoperti i principali campi profughi”.
Il rischio di crisi umanitaria
Quindi Pedro Sanjose Garces parlando a Repubblica avverte: “Se l’offensiva non verrà fermata ci sarà una crisi umanitaria. Qui ci sono state città rase al suolo, la prima volta che sono entrato a Raqqa non ho trovato un edificio in piedi. Queste persone hanno perso tutto. Solo adesso iniziavano a rialzarsi in piedi, in maniera pacifica stavano ricostruendo la loro vita e invece hanno deciso di togliergliela. Bisogna fermare questo piano di morte. La popolazione arabo-siriana che ha trovato rifugio in Turchia non può essere utilizzata come merce di scambio in questo conflitto, e non deve essere costretta a tornare in Siria, insediata forzatamente nella ‘zona di sicurezza’ che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan vuole creare al confine”.
“Oggi – dice il medico – tutto il nostro lavoro rischia di andare distrutto. Eravamo venuti qui per ricostruire e portare sviluppo e ci troviamo a dover rispondere all’ennesima emergenza”.