Siria-Turchia: diario dalla guerra ai curdi, cosa è successo oggi – 18 ottobre
Il convoglio di civili è partito alle 8,30 del mattino da Qamishli. Obiettivo: Serekanye, la città sotto assedio che resiste all’attacco turco da dieci giorni. La situazione in città è drammatica, per questo decine di persone volevano rompere l’assedio per almeno portare via i feriti dall’ospedale di Serekanye che due giorni fa è stato raso al suolo, e oggi sono intrappolate nelle fondamenta. Non ci sono riusciti.
La mattina, dopo l’annunciata tregua, la Turchia ricomincia le operazioni militari. Droni e artiglieria hanno preso di mira la zona di Serekanye e i villaggi vicini. Secondo la Mezzaluna Rossa del Kurdistan ci sono almeno 30 morti solo nella giornata di oggi.
Il convoglio è passato da Hasakah e da Tel Tamer dove c’è un ospedale da campo. La maggior parte dei feriti viene portato qui dove quattro chirurghi lavorano senza sosta, 24 ore su 24. “Un massacro”, spiega il personale sanitario. Infatti da quando è cominciata l’offensiva turca “sorgente di pace” solo qui sono state curati 550 persone, e almeno 200 sono morte. Un bilancio che continuerà a salire.
Le immagini sono drammatiche. Urla, grida, pianti di chi è sopravvissuto. “Non è possibile, sembra di essere tornati indietro al 2012”, dice una donna tra le lacrime. L’offensiva turca ha spezzato il sogno di pace che sembrava essere a portata di mano, soprattutto dopo che a marzo scorso, le SDF avevano sconfitto militarmente il Califfato, e la comunità internazionale aveva elogiato i curdi. Ma la gratitudine è durata solo abbastanza per creare l’illusione alle 5 milioni di persone che vivono nel Nord Est della Siria che sarebbero stati aiutati dalle forze degli Stati Uniti. Non è stato così.
Le decine di macchine hanno proseguito, quindi, verso Serekanye che in condizioni normali dista a circa un’ora. Ma pochi chilometri dopo è stato preso di mira dall’artiglieria di Ankara. Almeno 12 i feriti. Quindi il convoglio è proseguito a piedi riuscendo a raggiungere il villaggio di Misherfa, a circa 10 chilometri dalla città. Lì, scavando tra le macerie hanno recuperato nove corpi.
Sempre nella zona le Forze Democratiche Siriane hanno colpito un elicottero turco che è caduto dall’altra parte del confine.
Intanto l’esercito russo e le forze del presidente siriano Bashar al-Assad sono rimaste nella città di Manbij e Kobane. L’accordo che prevedeva una presenza su tutto il confine come deterrente alla Turchia non è ancora stato implementato, si cerca anche una soluzione politica oltre a quella militare.
Le poche forze americane rimaste sono chiuse nelle loro basi vicino a Derazzor, lontane dal confine. Si parla di un ritiro completo entro un paio di settimane. Quando hanno abbandonato lo stabilimento di cemento francese Lafarge, nei pressi di Kobane, hanno distrutto tutto quello che non sono riusciti a portare via, inclusi 70 veicoli militari. “Hanno chiamato un attacco aereo e metà base è stata distrutta”, racconta una fonte nelle Forze Democratiche Siriane. Le SDF hanno cercato l’accordo con Ankara per una tregua. Ma per il momento il cessate fuoco è un’illusione.