Siria le atrocità taciute
Bambini torturati. Legati ai carri armati per essere utilizzati come scudi umani. Uccisi dalla violenza di una guerra civile che in Siria sta colpendo sempre più la popolazione civile. Testimonianze di piccoli rifugiati che dai campi profughi della Giordania raccontano i loro 18 mesi di conflitto, ora rese pubbliche nel rapporto di Save the Children ‘Atrocità taciute‘.
“Conoscevo un bambino di nome Ala’a. Aveva solo 6 anni. È stato torturato più di ogni altro in quella stanza. Non gli è stato dato né cibo né acqua. Veniva picchiato costantemente. L’ho visto morire. È sopravvissuto per soli tre giorni e poi è semplicemente morto. Il suo cadavere è stato trattato come fosse quello di un cane.” Queste sono le parole di un testimone di soli 16 anni. Come lui tanti altri bambini hanno dovuto lasciare un Paese in cui giocare per strada appena fuori casa non è più possibile, perché si rischia di diventare bersagli di un’esercitazione militare. Dove la paura di andare a scuola non è dovuta ai compiti non fatti ma perché lì tanti compagni sono morti torturati.
La guerra civile in Siria diventa ogni giorno più violenta. Non conosce limiti e confini e non risparmia nessuno. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono 2,5 milioni le vittime colpite dalla crisi umanitaria siriana, metà delle quali bambini e adolescenti. Circa 300 mila i rifugiati siriani attualmente registrati o in attesa di esserlo per riuscire a raggiungere gli Stati vicini. I racconti dei bambini sono stati raccolti nel rapporto dell’organizzazione non governativa Save the Children, come documentazione dimostrativa dei forti traumi psicologici subiti dai minorenni fuggiti dal conflitto. Quasi tutti avrebbero assistito alla morte di un membro della propria famiglia. Tanti sono stati testimoni di massacri o vittime di torture.
Autolesionismo, sonnambulismo, incontinenza, depressione e difficoltà nel linguaggio sono alcune delle conseguenze più evidenti dei traumi subiti per ciò che hanno visto e vissuto. “Dopo i bombardamenti non avevamo più niente, né cibo, né acqua, né giocattoli. Non c’era modo di comprare qualcosa da mangiare. Supermercati e negozi erano stati bombardati. Per farci bastare il cibo che avevamo in casa, mangiavamo una volta al giorno”, racconta Ala’a di soli 10 anni. “Mio padre è rimasto a digiuno per lungo tempo. Mi ricordo che un giorno l’ho visto stringersi lo stomaco con una corda per non sentirsi così affamato”.
Ala’a parla anche di quando un giorno sono entrati degli uomini armati in casa: “Hanno gettato a terra le nostre riserve di cibo per poi camminarci sopra, rendendolo troppo sporco per essere mangiato. A quel punto non avevamo più niente e siamo venuti qui.” Emozioni tanto dure e pesanti spesso spingono i più sensibili al suicidio. Racconti di una Siria che non fa notizia, che rimane circoscritta alle paure di bambini che hanno smesso di essere tali.