Dopo quasi un mese di bombardamenti da parte del regime siriano,oggi 5 marzo 2018, nell’enclave ribelle della Ghouta orientale, è entrato il primo convoglio umanitario delle Nazioni Unite.
La notizia è stata confermata dal Comitato internazionale della Croce Rossa, dopo che ieri 4 marzo l’Onu aveva ricevuto il via libera dal governo di Damasco per l’ingresso degli aiuti nella regione assediata.
L’agenzia di stampa Reuters riferisce, citando alcuni testimoni, che il convoglio umanitario ha attraversato il valico di Al-Wafidine.
Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), il convoglio comprende 46 camion e che trasportano aiuti medici e cibo per 27.500 persone.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha accusato il governo siriano di aver confiscato il 70 per ceto delle forniture mediche inviate. Tra queste, kit chirurgici, insulina, apparecchiature per dialisi e altri materiali.
Un alto funzionario delle Nazioni Unite, Ali al-Za’tari, ha dichiarato alla Reuters che non ritiene il convoglio sufficiente a far fronte all’emergenza umanitaria che sta investendo la zona, dove vivono circa 400mila persone.
Pur avendo consentito l’ingresso degli aiuti umanitari, Damasco ha fatto sapere di essere intenzionato a proseguire l’offensiva sulla Ghouta orientale. Il presidente Bashar al-Assad ha dichiarato che non ritiene contraddetto il cessate il fuoco di cinque ore organizzati ogni giorno dal suo alleato principale, la Russia.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sono almeno 709 i civili rimasti uccisi nella Goutha orientale dall’inizio dei raid aere: tra questi ci sono almeno 166 bambini.
Nella notte precedente all’arrivo del primo convoglio sono morti 14 civili, mentre il giorno precedente le vittime sono state 34. L’esercito del presidente Bashar al-Assad controlla ormai oltre un terzo dell’enclave ribelle sotto assedio.
L’offensiva del regime sulla regione si è intensificata a partire dallo scorso 18 febbraio. Gli abitanti della zona e gli operatori umanitari in servizio hanno fin da subito denunciato come i bombardamenti di Damasco mirassero volutamente a colpire i civili e le strutture sanitarie.
Il 24 febbraio 2018 il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva approvato all’unanimità una tregua di trenta giorni nella regione proprio per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari e l’evacuazione della popolazione civile e dei feriti in gravi condizioni di salute.
Due giorni dopo, il 26 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato un cessate il fuoco di cinque ore al giorno per consentire ai civili di abbandonare la zona.
Ma lo stop ai combattimenti non è stato rispettato. Nei giorni successivi i ribelli hanno detto che ci sono stati attacchi aerei e di artiglieria da parte delle truppe governative, mentre la Russia ha affermato che a violare la tregua sarebbero stati i ribelli stessi, che avrebbero bombardato un corridoio umanitario destinato all’evacuazione dei civili.
Osservando le immagini satellitari fornite dalle Nazioni Unite, in un distretto della Ghouta, il 93 per cento degli edifici è stato danneggiato o distrutto.
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