Almeno 37 civili sono rimasti uccisi “bruciati vivi” il 22 marzo 2018 in Ghouta est, enclave ribelle della Siria assediata da oltre un mese dalle forze fedeli al governo del presidente Bashar al-Assad.
A riferirlo all’agenzia di stampa turca Anadolu sono state fonti dei cosiddetti Caschi bianchi, gli uomini e le donne della Siryan Civil Defence, un’organizzazione fondata nel 2013 per aiutare le vittime del conflitto siriano.
Secondo la fonte, a seguito di diversi bombardamenti condotti dal regime, sono stati compiuti attacchi sulla città di Arbin con l’uso di bombe al napalm, che hanno “bruciato vive” le vittime.
L’attacco ha preso di mira un rifugio in un quartiere residenziale. Tra le vittime ci sono “numerosi bambini e donne”. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio.
All’inizio della settimana, gli stessi Caschi bianchi avevano denunciato che un attacco aereo condotto dall’aviazione siriana su Arbin avrebbe provocato la morte di decine di civili, tra cui 15 bambini.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, tre missili avevano colpito una scuola, facendola crollare su un sotterraneo usato come rifugio.
Le forze fedeli ad Assad controllano ormai oltre l’80 per cento della Ghouta orientale, dove dal 18 febbraio sono rimasti uccisi oltre 1.500 civili, tra cui oltre 300 bambini, mentre si contano più di 5mila feriti.
Oltre 80mila persone hanno abbandonato negli scorsi giorni l’enclave attraverso i corridoi umanitari istituiti dalle forze russe e da quelle di Damasco.
Il 22 marzo 2018 uno dei restanti gruppi ribelli siriani, Faylaq al-Rahman, ha annunciato di aver concordato un cessate il fuoco nell’enclave del Ghouta orientale, alla periferia est di Damasco. La tregua è entrata in vigore alle 22.00 ora locale del 22 marzo 2018.
Circa 1.500 combattenti della fazione di Ahrar al-Sham, oltre 6mila civili si sono trasferiti dal sobborgo di Harasta alla provincia settentrionale di Idlib, controllata dai ribelli.