Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Siria: riaprono i confini, ma l’accordo su Idlib rischia di non reggere

    Credit: LOUAI BESHARA / AFP

    Sono stati riaperti i valichi con Iraq, Giordania e Golan ma il governo di Assad minaccia di riprendere con la forza Idlib se i ribelli non rispettano l'accordo raggiunto a settembre

    Di Futura D'Aprile
    Pubblicato il 15 Ott. 2018 alle 14:45 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:25

    Il 15 ottobre 2018 è stato riaperto il valico di frontiera di Nasib, al confine tra Giordania e Siria, rimasto chiuso per oltre tre anni.

    A darne notizia, il portavoce del governo giordano, Jumana Ghunaimat: l’apertura è stata decisa dopo il raggiungimento di un accordo tra le commissioni tecniche di Amman e Damasco.

    Il valico di Nasib, che si trova nella regione di Daraa, una delle ultime zone conquistate dalle forze leali al governo di Assad, è un importante sbocco commerciale, prima che i ribelli ne prendessero il controllo e Amman ne decidesse la chiusura ad aprile del 2015.

    Al momento, il governo siriano controlla quasi la metà dei 19 valichi di frontiera del paese con Libano, Giordania, Iraq e Turchia.

    Il valico del Golan

    Dopo quattro anni è stata disposta anche la riapertura dell’unico valico che collega la Siria e la zona del Golan ancora sotto il controllo di Israele.

    La decisione è giunta dopo la firma di un accordo tra le Nazioni Unite, Israele e Siria. Il valico si trova nella zona siriana di Quneitra, riconquistata nell’estate dalle forze di Assad, appoggiate dalla Russia.

    Il passaggio sarà utilizzato solo per le operazioni delle forze di pace delle Nazioni Unite, secondo quanto specificato dall’esercito israeliano.

    La frontiera tra Iraq e Siria

    Il ministro degli Esteri dell’Iraq, Ibrahim al-Jafaari, che il 15 ottobre si trova in visita a Damasco, ha fatto sapere che “l’apertura dei valichi di frontiera tra Iraq e Siria  è imminente”.

    Jafaari ha detto che l’operazione “registra qualche ritardo a causa di circostanze eccezionali. La Siria rappresenta un vicino dal punto di vista umanitario, politico ed economico e non solo geografico e le relazioni devono essere ulteriormente sviluppate”, ha spiegato il ministro iracheno.

    A luglio, il governo iracheno aveva iniziato la costruzione di una barriera difensiva per impedire ai miliziani dello Stato islamico di entrare nel paese.

    L’uso di armi chimiche

    Il 15 ottobre il giornale britannico Bbc ha pubblicato un lungo articolo in cui ha affermato di avere prove sufficienti a confermare l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano di Bashar al Assad.

    Secondo il quotidiano, Assad ha condotto oltre 100 attacchi con armi chimiche in Siria negli ultimi 5 anni per mettere fine alla guerra civile e assicurarsi la vittoria.

    Il report della Bbc si basa sull’analisi dei rapporti di 164 presunti attacchi chimici avvenuti dopo che la Siria ha firmato la Convenzione per le armi chimiche.

    In almeno 106 dei 164 casi analizzati, sono stati utilizzati agenti chimici. Più della metà degli attacchi sono stati eseguiti nelle provincie di Idlib e Hama, altri 18 a Damasco e 22 ad Aleppo.

    In 55 occasioni su 106 verificate ci sono stati dei morti: il numero più alto si è registrato il 4 aprile 2017, quando fu colpita la città di Khan Sheikhou, a Idlib, provocando circa 80 morti. In tutto le vittime accertate sono state circa 300. (qui il contenuto completo dell’inchiesta).

    La demilitarizzazione di Idlib

    Entro il 15 ottobre si sarebbe dovuti arrivare alla completa smilitarizzazione di una zona al confine con la regione di Idlib, l’unica roccaforte ancora in mano ai ribelli e che Siria e Russia minacciano di attaccare se l’accordo raggiunto il 17 settembre non dovesse essere rispettato.

    L’intesa firmata da Damasco, Mosca e Ankara prevede l’istituzione di una zona di disarmo di 15-20 chilometri a Idlid che si estende tra le province di Idlib, Latakia, Aleppo e Hama.

    Il ministro della Difesa turco ha annunciato che nella fascia di sicurezza sono state completate le operazioni di ritiro delle armi pesanti, ma il ministro degli Esteri siriano, Walid al Mualem, non si è detto d’accordo e ha avvertito che le forze governative “sono pronte” a intervenire.

    “Le nostre forze sono pronte intorno a Idlib per sradicare il terrorismo nel caso in cui l’attuazione dell’accordo a Idlib non venga soddisfatta”, ha detto Al Mualem in una conferenza stampa a Damasco.

    “Idlib, come qualsiasi area in Siria, deve inevitabilmente tornare alla sovranità dello Stato siriano”, ha sottolineato il ministro, aggiungendo che “se l’accordo su Idlib non viene rispettato, il governo siriano avrà a disposizione altre opzioni”.

    Il principale gruppo jihadista attivo in Siria e presente a Idlib, Hayat Tahrir Al-Sham, ha annunciato che si atterrà ai termini dell’accordo e che si ritirerà dall’area per evitare che Siria e Russia attacchino militarmente la regione.

    Leggi anche: La caduta di Idlib rappresenta davvero la fine della guerra in Siria?

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version