Ospedale Al Nassar, Gaza City. Un bambino giace da solo in un letto, collegato a tubi, fili e un generatore; una madre gli siede accanto in silenzio.
Il dottor Mohamad Abu Samia, direttore del reparto di medicina pediatrica, visita i piccoli pazienti sdraiati in ogni angolo dell’ospedale.
“Siamo molto occupati”, dice. “Abbiamo tanti bambini che soffrono di disidratazione, vomito, diarrea, febbre”.
“Il tasso di dissenteria è alle stelle a Gaza ed è il secondo più grande assassino al mondo di bambini sotto i cinque anni. Una ragione sufficiente per allarmarsi”.
Negli ultimi mesi il dott. Abu Samia ha registrato un numero crescente di gastroenteriti, malattie renali, cancro pediatrico, marasma – una malattia caratterizzata da grave malnutrizione nei bambini – e “sindrome del bambino blu”.
In particolare, la sindrome del bambino blu è un disturbo che causa labbra, viso e pelle bluastri, e sangue colore del cioccolato.
“Prima si parlava di uno o due casi in cinque anni. Ora è il contrario: cinque casi in un anno”, spiega il dottore. Sembrano pochi casi, ma destano allarme tra medici e ricercatori.
Le cifre del Ministero della Salute palestinese mostrano un “raddoppiamento” di patologie legate alla diarrea, che aumenta fino ai livelli epidemici. Così come accaduto durante l’estate 2018, con i picchi di salmonella e persino la febbre tifoide.
Riviste mediche indipendenti sottoposte a revisione paritetica hanno inoltre documentato un aumento della mortalità infantile, dell’anemia e una preoccupante arresto della crescita tra i bambini di Gaza.
Uno studio della Rand Corporation ha rilevato che l’acqua contaminata è una delle principali cause di mortalità infantile a Gaza.
Una visita al campo profughi Shati di Gaza aiuta a comprenderne il motivo.
In mezzo chilometro quadrato delimitato da blocchi di cemento si trovano stipati ben 87mila rifugiati con le loro famiglie – espulsi dalle loro città e dai villaggi durante la creazione di Israele nel 1948.
La falda acquifera di Gaza che porta l’acqua ai rubinetti è troppo salata, quasi nessuno a Gaza la beve ancora.
Per l’acqua potabile, le persone accumulano brocche di plastica che fanno rotolare verso la moschea, lì riempiono i contenitori con l’acqua desalinizzata, su concessione di Hamas .
La maggior parte delle famiglie, anche nei campi profughi, spende fino alla metà delle loro modeste entrate per l’acqua desalinizzata dai pozzi non regolamentati di Gaza. Ma anche questo sacrificio ha un costo.
I test dell’Autorità per l’acqua palestinese mostrano che fino al 70 per cento dell’acqua desalinizzata erogata da camion privati e immagazzinata nei serbatoi sui tetti del campo, è soggetta a contaminazione fecale.
Anche microscopiche quantità di Escherichia Coli – il batterio che causa infezioni intestinali – possono portare a un’epidemia.
Elevati livelli di salinità e nitrati provenienti dalla falda acquifera di Gaza – così pesantemente sovrasfruttata dall’acqua del mare – sono all’origine di molti dei problemi di salute di Gaza.
Elevati livelli di nitrati portano a ipertensione e insufficienza renale e sono collegati all’aumento della sindrome del bambino blu.
Malattie come la diarrea infantile, la salmonella e la febbre tifoide sono causate dalla contaminazione fecale – sia dall’acqua desalinizzata che dai 110 milioni di litri di liquami grezzi che sfociano ogni giorno nel Mediterraneo.
Poiché l’elettricità a Gaza è spenta per 20 ore al giorno, l’impianto fognario è essenzialmente inutile; quindi, l’acqua sporca sputa in mare, 24 ore su 24, da lunghi tubi sopra una spiaggia appena a nord di Gaza City. Eppure in estate i bambini continuano a nuotare lungo le spiagge di Gaza.
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