La città di Srebrenica – dove nel 1995 più di 8mila uomini e ragazzi bosniaci musulmani vennero uccisi dalle forze nazionaliste serbe nel tentativo di formare uno stato etnicamente omogeneo in Bosnia – ha eletto il suo primo sindaco serbo dai tempi del tragico massacro.
Mladen Grujicic è un nazionalista serbo e nega che la strage sia stata un genocidio, nonostante le sentenze dei tribunali internazionali indichino il contrario. Secondo i parenti delle vittime, la sua elezione segna una svolta inquietante nella politica bosniaca.
Grujicic ritiene che i serbi di Srebrenica vengano discriminati e ha negato che il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, con sede a L’Aia, sia riuscito a dimostrare che la strage del 1995 fosse un genocidio.
“Quando verrà dimostrato che è la verità, sarò il primo ad accettarlo”, ha dichiarato secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters.
Il suo rivale, il bosniaco Camil Durakovic, si è impegnato a presentare un ricorso contro il risultato delle elezioni, che ha definito “truccate”.
Gli accordi di Dayton, che hanno posto fine alla guerra, hanno istituito in Bosnia-Erzegovina una struttura federale complessa con un governo centrale debole, progettata per preservare il carattere multietnico del paese.
Il territorio della Bosnia-Erzegovina è stato diviso in due entità ben definite: da una parte la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, di cui Srebrenica è entrata a far parte dopo gli accordi di pace, dall’altra l’entità autonoma che prende il nome di Federazione croato-musulmana.
Prima della guerra Srebrenica era una città a maggioranza musulmana. I circa 7.500 abitanti che la popolano adesso sono per il 55 per cento serbi e per il 45 per cento bosniaci musulmani.
Zulfo Salihovic, un politico locale che è stato uno degli ultimi bosniaci a fuggire da Srebrenica prima del massacro, si è detto preoccupato per il futuro della sua comunità: “Temiamo che i bosniaci e gli altri cittadini che pensano in modo diverso rispetto ai leader dei partiti nazionalisti serbi saranno umiliati e discriminati”.
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Quando i bosniaci, tra cui molte donne anziane che volevano essere vicine alle tombe dei loro parenti, hanno cominciato a fare ritorno a Srebrenica dopo il 2000, la comunità internazionale ha promesso loro protezione. Ora molti temono che potrebbero essere costretti a lasciare di nuovo le loro case.
Il massacro di Srebrenica è stata la peggiore atrocità commessa in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, che ha provocato in risposta attacchi aerei occidentali contro le forze serbe che hanno posto fine ai combattimenti nel 1995.
Nel tentativo di nascondere il crimine, alcune truppe serbe hanno dissotterrato i corpi delle vittime di Srebrenica e li hanno trasferiti in altri luoghi. Più di mille cadaveri devono ancora essere trovati.
Il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia ha condannato alcuni serbi bosniaci per il massacro. L‘ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic è stato condannato a marzo di quest’anno a 40 anni di carcere.
Il generale serbo-bosniaco Ratko Mladić rimane tuttora sotto processo per il ruolo che ha svolto nella guerra, provocando la morte di circa 100mila persone.
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