Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    La società petrolifera Shell è stata citata in giudizio per l’inquinamento del delta del Niger

    È la seconda volta che il colosso è accusato di danni ambientali. La prima udienza si è tenuta oggi, 2 marzo 2016, presso il Technology and Construction Court di Londra.

    Di TPI
    Pubblicato il 2 Mar. 2016 alle 16:31 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:48

    Il colosso petrolifero Shell è stato citato in giudizio per la seconda volta in cinque anni per l’inquinamento del Delta del Niger. La prima udienza si è tenuta oggi, 2 marzo 2016, presso il Technology and Construction Court di Londra.

    Due comunità di agricoltori e pescatori che vivono nell’area hanno chiesto a Shell di ripulire la loro terra inquinata, oltre a un risarcimento in denaro. La comunità Ogale, di circa 40.000 persone, è una delle ricorrenti, l’altra si chiama Bille. Del caso si sta occupando lo studio legale londinese Leigh Day.

    Le fuoriuscite di petrolio causate dalle attività estrattive della società dal 1989 hanno fatto sì che il fiume si inquinasse e non ci fosse acqua potabile pulita per coltivare i campi. 

    La difesa si basa anche su un rapporto del novembre 2015 di Amnesty International, secondo il quale quattro siti che la Shell avrebbe dovuto provvedere a ripulire, sono ancora contaminati.  

    Il rapporto di Amnesty arriva in seguito ad un precedente dossier del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente che aveva rivelato la contaminazione delle acque con petrolio e altri derivati tra cui il benzene, considerati cancerogeni. Una bonifica definitiva dell’area potrebbe richiedere fino a 30 anni. 

    Bille, l’altra comunità che ha citato in giudizio la società, accusa Shell di essere responsabile di non essere riuscita a proteggere i propri oleodotti da danni provocati da terzi. 

    Gli oleodotti della zona sono presi di mira dai ladri che vogliono rubare il greggio per poi raffinarlo. Questo fenomeno provoca ingenti fuoriuscite di petrolio. 

    “Sia la comunità Bille che Ogale vivono in aree fortemente colpite dal furto di greggio, dal sabotaggio degli oleodotti e dalla raffinazione illegale, che rimangono le principali fonti di inquinamento in tutto il Delta del Niger”, ha fatto sapere la società. 

    “Ogale è nell’Ogoniland ed è importante notare che la Shell lì non produce petrolio o gas dal 1993. L’accesso alla zona è stato limitato in seguito all’aumento della violenza, alle minacce contro il personale e agli attacchi sulle strutture”, ha continuato. 

    Daniel Leader, partner di Leigh Day ha dichiarato: “È scandaloso che quattro anni dopo il rapporto delle Nazioni Uniti, Shell debba ancora ripulire dal petrolio le aree dove vivono sia Ogale che Bille. La pazienza dei nostri clienti è ormai esaurita, abbiamo intenzione di costringere la Shell a ripulire l’area”. 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version