Sono bastati solo due giorni perché il tribunale penale di Minya, a sud del Cairo, condannasse a morte 529 persone, arrestate durante l’ondata di disordini dello scorso agosto in Egitto. Gli imputati, ritenuti sostenitori del gruppo islamista dei Fratelli musulmani di cui fa parte l’ex presidente Morsi, sono stati accusati di aver ucciso un poliziotto, oltre che del tentato omicidio di altri due agenti e dell’assalto alla stazione di polizia. Le condanne a morte non sono definitive e probabilmente saranno impugnate in appello, ma le famiglie dei condannati e i loro avvocati descrivono il processo come un errore giudiziario.
L’associazione per i diritti umani Amnesty International in un comunicato stampa ha definito il provvedimento “grottesco” e ha rilevato che il numero dei condannati in questa sola sentenza supera quello delle pene capitali irrogate in Egitto negli ultimi tre anni. “Questo è il più grande gruppo di condanne a morte simultanee che abbiamo mai visto al mondo”, ha detto Hassiba Hadj Sahraoui, direttore della sezione Amnesty per il Medio Oriente e e il Nord Africa.
“Non sembra possibile che una fedele valutazione di prove e testimonianze coerenti con le norme internazionali, possa essere realizzata per oltre 529 imputati in un processo di due giorni,” ha detto Marie Harf, vice portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, aggiungendo che Washington è “profondamente preoccupata”e “scioccata”.
“Non c’è modo di vedere il procedimento se non come un processo farsa con un risultato politico preordinato”, denuncia il New York Times in un editoriale, l’obiettivo “è chiaramente di intimidire chiunque osi sfidare i militari o mostri simpatia per la Fratellanza e Morsi, che è stato eletto presidente nel 2012 in un’elezione democratica e poi rovesciato da un colpo di stato militare la scorsa estate”.
Il verdetto suscita inoltre preoccupazioni circa la sorte degli altri prigionieri, tra cui diversi giornalisti della rete televisiva araba Al Jazeera, per i quali il procedimento è in corso al Cairo, e altri 600 imputati, il cui processo di massa inizierà oggi. Tra loro anche il leader dei Fratelli musulmani, Mohammed Badie, accusato insieme agli altri di incitamento alla violenza e omicidio di otto manifestanti anti-Morsi fuori alla sede del movimento al Cairo lo scorso anno.
La condanna di massa ha sottolineato la gravità della campagna attuata dai capi militari per mettere a tacere l’opposizione, a otto mesi dal colpo di stato che ha spodestato Morsi, primo leader democraticamente eletto del paese. Secondo le autorità, in totale i sostenitori dei Fratelli musulmani arrestati dallo scorso luglio sarebbero 16 mila, ma alcuni attivisti dicono che la cifra reale si aggira intorno ai 23 mila. Nel mese di novembre il governo ha vietato le manifestazioni non autorizzate, mentre a dicembre i Fratelli musulmani sono stati dichiarati un’organizzazione terroristica.