Gli scontri tra alcuni manifestanti dell’opposizione e le forze di sicurezza si stanno intensificando a Yerevan, in Armenia, dove un gruppo di uomini armati tiene sotto controllo una stazione di polizia e alcuni ostaggi da domenica 17 luglio.
In totale, si contano 136 arresti di dimostranti, 56 feriti, tra i quali 28 agenti, e cinque ostaggi che rimangono in mano ai sequestratori.
Il gruppo armato, guidato dal veterano di guerra Pavel Manukian, aveva fatto irruzione nella centrale per liberare il suo leader, Jirair Sefilian, alla guida del movimento di opposizione Founding Parliament e in carcere dal 2015, più altri dirigenti dell’organizzazione.
Sefilian, nello specifico, aveva criticato il presidente armeno Serzh Sargsyan sulla sensibile questione del Nagorno-Karabakh, un territorio che Armenia e Azerbaijan si contendono fin dal 1988. Arrestato con l’accusa di fomentare il disordine pubblico, molte organizzazioni internazionali per i diritti umani lo ritengono un prigioniero politico.
Al momento, sono in corso dei negoziati per convincere gli uomini che hanno occupato la stazione di polizia armati di kalashnikov e di giubbotti antiproiettili ad arrendersi e rilasciare gli ostaggi.
Nel frattempo, i cittadini contrari al governo hanno accolto l’appello dei sequestratori a scendere per le strade per protestare, ma la mobilitazione sembra essere di proporzioni limitate.
Le iniziali voci di un colpo di stato in corso in Armenia sono state subito smentite nei giorni scorsi e solo nelle ultime ore la situazione sembra essere degenerata.
Gli agenti hanno comunque bloccato l’entrata della strada dove è situata la stazione di polizia e ha fermato i manifestanti che provavano a sfondare le barriere. Si prevede quindi una nuova notte di scontri e un peggioramento della situazione.