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    Scontri vicino a Damasco costringono centinaia di civili alla fuga

    Le forze governative siriane bombardano la regione di Barada, esclusa dalla tregua per la presenza dei miliziani di Jabhat Fateh al-Sham. Circa 1.300 persone evacuate

    Di TPI
    Pubblicato il 2 Gen. 2017 alle 13:11 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:56

    Diverse centinaia di civili sono stati costretti ad abbandonare la valle di Barada, in Siria, non lontano dalla capitale Damasco, a causa dei combattimenti tra le forze governative e alcuni gruppi ribelli esclusi dall’accordo di tregua recentemente siglato da Assad e dall’opposizione.

    Secondo quanto riferito dall’esercito siriano, circa 1.300 persone hanno abbandonato la regione tra sabato 31 dicembre 2016 e domenica 1 gennaio 2017 a causa dei bombardamenti che hanno interessato la zona.

    Il cessate il fuoco promosso da Russia e Turchia è entrato in vigore alla mezzanotte tra il 29 e il 30 dicembre e sembra reggere nonostante alcune segnalazioni di violazioni.

    L’accordo, che esclude gruppi estremisti tra cui Jabhat Fateh al-Sham (ex Fronte al-Nusra ed ex affiliato di al-Qaeda) e Isis, prelude a nuovi colloqui di pace in Kazakistan.

    Sabato 31 dicembre il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha deciso all’unanimità di sostenere l’iniziativa di Mosca e Ankara.

    Le forze armate di Damasco hanno riferito che le persone evacuate da Barada sono state trasferite in aree più sicure e che sono state registrate dalla Syrian Arab Red Crescent (la croce rossa siriana).

    La valle di Barada non è inclusa nel cessate il fuoco proprio a causa della presenza dei miliziani di Jabhat Fateh al-Sham ed è sotto attacco da diversi giorni.

    I miliziani sciiti libanesi di Hezbollah hanno aperto il fuoco sui villaggi della regione, sostenuti dall’aeronautica siriana e quella russa.

    Barada è la principale riserva d’acqua della zona e l’offensiva sulla valle è coincisa con l’emergenza idrica che ha colpito la capitale a partire dal 22 dicembre.

    I bombardamenti avrebbero infatti distrutto sia la fonte di Ain al-Fijeh che il relativo impianto di trattamento dell’acqua, ma il governo sostiene che i miliziani avevano avvelenato l’acqua con carburante diesel e che è stato costretto a tagliare la fornitura.

    Nel frattempo sono stati denunciati degli attacchi contro villaggi ribelli nell’area di Aleppo, tornata in mano al regime di Damasco il 22 dicembre, e due attentati suicidi nella città di Tartus, sulla costa.

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