Si è soliti dire che gli occhi siano lo specchio dell’anima, e che siano in grado di rivelare emozioni profonde che cerchiamo di nascondere. La scienza moderna, nonostante escluda l’esistenza dell’anima, sembra suggerire che ci sia un fondo di verità in questo vecchio modo di dire: gli occhi, infatti, non si limitano a trasmettere al cervello l’immagine di quello che sta succedendo intorno a noi, ma riescono anche a influenzare la nostra memoria e il modo in cui prendiamo le nostre decisioni.
I nostri occhi si muovono continuamente. A volte questi movimenti sono sotto il nostro diretto controllo, a volte invece avvengono del tutto incoscientemente.
Quando leggiamo, per esempio, spostiamo gli occhi molto velocemente da una parola all’altra con una serie di movimenti detti saccadici. Quando entriamo in una stanza, il nostro sguardo si sposta con gli stessi movimenti, solo molto più ampi. Quando camminiamo, invece, i nostri occhi si muovono in maniera impercettibile e involontaria, per compensare il movimento della testa e stabilizzare l’immagine che viene trasmessa al cervello. Anche durante la fase del sonno REM (rapid eye movement), i nostri occhi compiono una serie di rapidi movimenti.
Sembra sempre più plausibile, inoltre, che questi movimenti siano in grado di fornire numerose informazioni riguardo alle nostre attività mentali.
Secondo una recente ricerca scientifica, infatti, la dilatazione della pupilla è direttamente collegata al livello di insicurezza percepita nel momento in cui dobbiamo effettuare una scelta: quando siamo indecisi e poco sicuri, si verifica un aumento dell’eccitazione, che fa dilatare le pupille.
La dilatazione delle pupille, inoltre, potrebbe anche rivelare la scelta che si sta per effettuare: un gruppo di ricercatori ha scoperto che controllando la dilatazione della pupilla è possibile predire quando una persona cauta, abituata a rispondere “no”, sta per fare una scelta per lui azzardata, rispondendo in modo affermativo.
Osservare gli occhi può anche aiutarci a predire il numero a cui una persona sta pensando. Tobias Loetscher e i suoi colleghi dell’università di Zurigo hanno tracciato i movimenti degli occhi di 12 volontari, a cui veniva mostrata una lista di 40 numeri, uno alla volta.
Analizzando i movimenti dei loro occhi, i ricercatori sono riusciti a predire in modo accurato se il numero che i volontari stavano per dire fosse maggiore o minore rispetto a quello che avevano appena visto. Subito prima di dire un numero più grande, infatti, lo sguardo di ognuno dei partecipanti si è spostato in alto e a destra. Prima di dire un numero minore, invece, gli occhi sono stati rivolti verso il basso e a sinistra. Inoltre, maggiore era il movimento, maggiore la differenza tra i due numeri (quello mostrato dai ricercatori e quello scelto dal volontario).
Questo esperimento sembra suggerire che in qualche modo associamo la nostra rappresentazione astratta dei numeri a determinati movimenti nello spazio. Lo studio, tuttavia, non è in grado di stabilire quale dei due fenomeni sia la causa e quale la conseguenza, ovvero non è possibile stabilire se pensare a un certo numero provochi un cambiamento nella posizione dell’occhio, o se al contrario sia la posizione dell’occhio a influenzare la nostra attività mentale.
Uno studio pubblicato nel 2013 da alcuni ricercatori svedesi sembra provare scientificamente la seconda opzione. I movimenti degli occhi, infatti, potrebbero facilitare la nostra attività mnemonica, aiutandoci quindi a ricordare meglio.
Durante l’esperimento effettuato dai ricercatori svedesi dell’università di Lund, è stato chiesto a 24 studenti di esaminare attentamente una serie di oggetti, rappresentati in un angolo dello schermo del computer. In seguito, gli oggetti venivano fatti scomparire, e i partecipanti dovevano rispondere Vero o Falso, il più velocemente possibile, a una serie di affermazioni riguardo gli oggetti scomparsi, come ad esempio “la macchina era rivolta a sinistra”.
Ad alcuni dei partecipanti è stato permesso di far vagare lo sguardo liberamente, mentre ad altri è stato chiesto di fissare una croce sullo schermo, posizionata al centro o in uno degli angoli.
Durante l’esperimento, quelli che avevano potuto muovere liberamente gli occhi hanno risposto significativamente meglio degli altri. Inoltre, quelli a cui era stato chiesto di fissare lo stesso angolo in cui gli oggetti erano stati precedentemente mostrati, hanno risposto mediamente meglio di quelli a cui era stato chiesto di fissare un altro angolo.
Questo suggerisce che la memorizzazione era più efficace quando i partecipanti, durante la fase del recupero informazioni, muovevano gli occhi allo stesso modo di quando avevano appreso quelle informazioni. Forse questo accade perché i movimenti degli occhi ci aiutano a ricordare le relazioni spaziali tra gli oggetti, quando dobbiamo fissare nella memoria la loro posizione.
Osservare i movimenti degli occhi, inoltre, può anche essere usato per influenzare le decisioni delle persone. Un recente studio scientifico ha mostrato – e la cosa forse dovrebbe preoccuparci – che tracciare i movimenti degli occhi può essere sfruttato per influenzare le decisioni morali che siamo chiamati a effettuare.
I ricercatori hanno rivolto ai partecipanti alcune complesse domande morali, come ad esempio: “ci sono dei casi in cui l’omicidio è giustificabile?”. Subito dopo sono state mostrate su uno schermo alcune risposte alternative (“a volte è giustificabile” e “non è mai giustificabile”).
Durante l’esperimento, i ricercatori hanno scoperto di essere in grado di influenzare le risposte dei volontari osservando i loro movimenti degli occhi. Le due risposte alternative, infatti, venivano fatte scomparire quando il partecipante stava fissando la risposta che i ricercatori cercavano di indurlo a pronunciare. Questo metodo si è dimostrato efficace.
“Non abbiamo fornito loro alcuna informazione aggiuntiva”, ha detto il neuroscienziato Daniel Richardson del University College London, uno degli autori dello studio. “Abbiamo semplicemente aspettato che il loro processo decisionale si dispiegasse autonomamente, interrompendolo esattamente al momento giusto. Gli abbiamo fatto cambiare idea semplicemente controllando il momento in cui hanno preso la decisione”.
Richardson ha aggiunto che i venditori di successo potrebbero conoscere e sfruttare alcuni di questi meccanismi, riuscendo quindi a essere molto persuasivi con i loro clienti.
“Siamo abituati a pensare che le persone persuasive siano quelle con un’ottima parlantina, ma la chiave del loro successo potrebbe risiedere nell’osservazione del nostro processo decisionale”, ha detto Richardson. “Magari i bravi venditori riescono a intercettare il momento in cui ci stiamo valutando un certo acquisto, e ne approfittano per offrirci subito uno sconto, o per cambiare tono”.
Le app per smartphone in grado di tracciare i movimenti degli occhi e altri simili strumenti portatili aumentano la possibilità di alterare il processo decisionale degli individui a distanza. “Se stai facendo shopping online, qualcuno potrebbe influenzare la tua decisione offrendoti la spedizione gratuita proprio nel momento in cui sposti lo sguardo su un certo prodotto”, ha aggiunto.
Quindi, i movimenti degli occhi possono rivelare, ma anche influenzare, le nostre funzioni cognitive superiori, come la memoria e il processo decisionale, portando allo scoperto i nostri pensieri e desideri. Questa scoperta potrebbe aiutarci a migliorare le nostre funzioni mentali, ma ci fa anche capire quanto siamo vulnerabili di fronte a manipolazioni invisibili da parte di altre persone.
“Gli occhi sono come una finestra dentro i nostri processi cognitivi, e non ci rendiamo conto di quante informazioni trapelino da essi”, ha detto Richardson. “Potrebbero potenzialmente rivelare cose che una persona desidera reprimere, come un implicito pregiudizio razziale”.
“Le app per il tracciamento degli occhi possono essere utilizzate, ad esempio, come tecnologie di supporto”, ha aggiunto. “Ma se vengono utilizzate per troppo tempo, si corre il rischio di fornire molte più informazioni del dovuto, aumentando la possibilità di condividere i nostri pensieri con altre persone in maniera non intenzionale”.
L’articolo è stato originariamente pubblicato qui. Traduzione a cura di Vittoria Vardanega.
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